Non so se le donne del vangelo, quando unsero e profumarono Gesù, e non fu una volta sola, in cuor loro pensassero di dire, con quel loro gesto tenero, che il profumo vero era lui, Gesù di Nazaret. Ora so però che il loro gesto profetico fu svelamento anche di questo. Per le nostre case, per la casa della chiesa, per la casa dell’umanità, profumo che allontana per sempre il cattivo odore della meschinità e della morte è la parola di Dio, è la parola del Signore.
Questo è il tesoro che, dal primo giorno all’ultimo, camminando in mezzo a noi, il Card. Carlo Maria Martini ci ha ricordato, questo il tesoro a cui, dal primo giorno all’ultimo vissuto con noi, lui ha attinto, traendo cose nuove e cose antiche. Di questo profumo ogni nostra casa gli è grata.
A lui vorrei dedicare, come un figlio, queste omelie povere, che rimandano a un altro profumo.
E ora che il tempo
si è fatto breve
e il cuore si consuma
a trattenere la tua immagine
che sembra svanire lontano,
punto rincorso
all’orizzonte estremo,
ora che gli occhi
sono sul mare
come di chi saluta
pur se la vela è scomparsa,
come le pupille dei discepoli
perdute, sul monte,
in un cielo orfano
del volto,
ora so che anche per l’addio
di un pastore di chiese
può ferire e urgere
agli occhi la commozione
e dilatarsi
fino allo spasimare
delle vene dei polsi.
Sei scritto
come sigillo sul cuore
e sul braccio.
Hai amato queste strade
hai pianto
su questa città.
Ci lasci
– ed è testamento-
la lampada della Parola
e il pane del volto.
(dalla prefazione di “E la casa si riempì del profumo”, Centro Ambrosiano, Milano 2002)