Nel febbraio del 2008 mi recai a Gerusalemme dal cardinale Martini per dare realizzazione a una delle sue tante pubblicazioni di scritti e discorsi, frutto della sua instancabile attività di studioso e di pastore. La raccolta di una trentina di interventi metteva a fuoco il pensiero e l’opera di Paolo VI, documentando la stima e la devozione di Martini per la limpidità della testimonianza di fede del papa bresciano, unitamente alla scoperta di una congenialità nel leggere e dischiudere il segreto dell’esistenza umana. La circostanza di ritrovarsi suo successore sulla cattedra di Ambrogio aveva fatto scattare il lui il desiderio di mettersi «alla scuola di Paolo VI», per assimilarne il gusto della preghiera come scoperta dell’intimità con Dio, per imitarne il desiderio di lasciarsi vincere dalla «dolce violenza dell’amore di Cristo», per condividerne la tensione appassionata per la riforma della Chiesa, per sperimentarne l’interiore e criticamente sofferta assimilazione della cultura moderna.
In quell’occasione proprio nell’ultimo periodo del suo soggiorno in Terra Santa, il cardinale accettò di commentare il «Pensiero alla morte» di papa Montini. Ricordo che mi chiese di leggergli a voce alta il testo, mentre egli si concentrava con gli occhi chiusi ad ascoltare la struggente meditazione. Al termine della lettura dettò al registratore una sua riflessione sulla morte come affidamento totale a Dio. Merita ricordarne un passaggio: «Mi impressiona la qualità della sua fede (di Paolo VI), tranquilla e abbandonata a Dio. Mi sento in questo senso assai carente. Io, per esempio, mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto e morti potremmo andare in Paradiso per un sentiero fiorito. Invece Dio ha voluto che passassimo per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nell’oscurità, che fa sempre un po’ paura. Mi sono rappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle ‘uscite di sicurezza’. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio. Questa fiducia traspare da tutto il testo di Montini. Ciò che ci attende dopo la morte è un mistero, che richiede da parte nostra un affidamento totale. Desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo a occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani».
Al termine della conversazione si trattò di trovare un titolo che rilegasse la raccolta di scritti e il Cardinale senza esitazione scelse Paolo VI «uomo spirituale». Ora noi, nel momento del dolore per la sua scomparsa, siamo chiamati a trovare per lui una cifra che possa rilegare la sua esistenza di cristiano. Non avrei dubbi nel formulare così: Carlo Maria Martini «uomo della Parola». A conforto di questa scelta, mi pare suggestivo richiamare una “perla del Concilio” ricamata dal Cardinale su una citazione di Dei Verbum 25 che recita: «Stare in contatto con le Scritture mediante un’assidua lettura spirituale e lo studio accurato». Così egli commentava: «La mia esperienza mi ha convinto che la Parola di Dio ha molto da dire alla gente di oggi e di domani. “Lampada per i miei passi è la tua parola– dice ilSalmo – e luce sul mio cammino”. Sono parole che vorrei fossero scritte sulla mia tomba, alle quali credo profondamente, a cui ho dedicato la mia vita: e sono parole che valgono per tutti. Ciascuno può trovare nelle pagine della Scrittura una spiegazione profonda su di sé, sui suoi enigmi, sulle sue profondità, sui suoi desideri più intimi, sulla sua missione, sulla sua apertura al futuro, superando scetticismo, paura, diffidenza, amarezza, chiusura di cuore. Solo il continuo rinnovato ascolto del Verbo della vita, solo la contemplazione costante del suo volto, permetteranno ancora una volta alla Chiesa di comprendere chi è il Dio vivo e vero, ma anche chi è l’uomo».
Padre Carlo Maria, uomo della Parola, ha avuto il merito di richiamarci il primato dell’evangelo e di divulgarne i suoi tesori, versando nel grembo della Chiesa «una misura buona, pigiata, scossa e traboccante» (Lc 6,38b).
Il Signore lo accolga nella gloria dei suoi santi. Noi continueremo i dialoghi con lui come invitava a fare Jacques Maritain, nella certezza che i santi in cielo si interessano ancora di ciò di cui si erano incaricati sulla terra.