«Preti a Milano. La gente, la chiesa, la città» è il titolo scelto quest’anno per la tradizionale «tre giorni» organizzata dalla Zona pastorale 1 dal 26 al 29 gennaio per tutti i parroci di Milano, ma per la prima volta aperta anche «ai collaboratori non direttamente impegnati nella Pastorale giovanile perché avranno una due-giorni per loro a marzo», spiega il Vicario episcopale della città monsignor Carlo Faccendini. L’anno scorso la partecipazione è stata alta: erano presenti 116 parroci, di cui una novantina per tutte le giornate. «Mi piacerebbe che quest’anno fossero presenti 130-140 preti tra parroci e collaboratori – ammette Faccendini -, perché è un bel momento per tutti».
Come ha scelto i contenuti su cui far riflettere i preti?
Mi sono attenuto alla Lettera pastorale dell’Arcivescovo che ci consegnava questa indicazione: il nostro campo di lavoro è il mondo, che nel nostro caso è la città di Milano. Volevamo quindi riflettere su come essere preti non in modo generico, ma oggi a Milano. La domanda, come ci chiede il Cardinale, è: come possiamo oggi a Milano aprire vie «incontro all’umano».
Chi sono quindi gli esperti invitati a parlare?
Il primo intervento di Roberto Vignolo, di taglio biblico, vuole essere un aiuto a riflettere su come Gesù guardava alla gente, come Gesù si rapportava al mondo; la seconda relazione di Saverio Xeres è una rilettura storica sui modi in cui storicamente la Chiesa si è resa presente nel mondo, tema che svilupperemo a partire dal Concilio Vaticano II. Poi ho chiesto a Mauro Magatti una rilettura sociologica e spirituale di Milano, aveva infatti scritto un bell’articolo, Quale rivoluzione morale per Milano, che mi aveva colpito. Gli ho quindi chiesto di rileggere alcuni dati sociologici, ma coniugandoli con un percorso spirituale per la nostra città. A don Alberto Cozzi ho domandato invece una riflessione più ampia su come sperare da cristiani in una stagione faticosa di crisi come quella che stiamo vivendo oggi. Io raccolgo spesso il peso della fatica dei preti di Milano. Si tratta allora di coltivare prospettive di luce in una stagione difficile come questa. Infine ho chiesto a monsignor Pierangelo Sequeri di raccontare, a partire dalla sua esperienza e competenza, come si può fare il prete a Milano. Il suo intervento segnerà la conclusione sintetica della Tre giorni.
Ma qual è oggi l’identikit dei parroci di Milano o quali i requisiti richiesti?
I preti di Milano, ma forse è una caratteristica di tutti gli ambrosiani, vivono in mezzo alla gente, amano la gente, condividono la vita della gente e hanno passione nel conoscere la gente, la loro storia, i loro problemi, i contesti a volte complessi in cui vivono le persone. Vorrei che attraverso questa esperienza da un lato noi preti fossimo aiutati a custodire uno stile e dall’altro a coltivare quelle virtù capaci di farci stare in mezzo agli uomini del nostro tempo in una maniera sempre più precisa e luminosa. È importante coltivare questa attitudine a stare in mezzo al modo proprio di coloro che conducono e quindi sanno far rinascere la speranza, sanno tenere insieme le persone e sostenere percorsi di comunione e di condivisione. In realtà lo fanno già, io ho grande stima e affetto per i preti, che vedo talvolta affaticati perché il contesto non è semplice. Ma vorrei sostenerli.
Anche attraverso queste giornate che non sono solo di riflessione?
Certo. Vorrei che i preti di Milano si sentissero sostenuti anche dai momenti di fraternità, condivisione, scambio, preghiera¿ che vivremo a gennaio. Sono giorni belli da trascorre insieme per questo mi piacerebbe che venissero in tanti e si fermassero.
La domenica sera parroci e collaboratori incontreranno anche l’Arcivescovo. Quale sarà il tono della serata?
La serata andrà ancora definita, ma ho chiesto al Cardinale di raccontare il suo rapporto con la città di Milano e quindi anche le sue attese nei confronti del clero. Sarà comunque un «caminetto» e quindi il tono sarà di confidenza: chiedo quindi ai preti di esserci perché in fondo è quello che si aspettano da lui.