Un nuovo Ufficio di Curia voluto dal cardinale Scola, da lui annunciato alla Diocesi il 6 maggio scorso, e che ha come “cifra interpretativa” l’accoglienza e «il desiderio dell’Arcivescovo di essere al fianco, dal punto di vista pastorale, di ogni persona della Chiesa che gli è affidata». È questa la logica complessiva nella quale don Diego Pirovano invita a “leggere” il senso dell’Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, di cui è stato nominato responsabile.
Quale è l’obiettivo dell’Ufficio che inizierà la sua attività il prossimo 8 settembre?
La presenza della parola “accoglienza” già nel titolo indica che i fedeli separati potranno trovare ascolto, nella prospettiva dei diversi esiti che il colloquio, o più incontri, potranno produrre. Nel Decreto istitutivo dell’Ufficio, d’altra parte, se ne identificano con chiarezza le finalità, attraverso quattro punti.
Quali sono?
Anzitutto tentare un cammino di riconciliazione, inviando la coppia, presumibilmente già separata o in procinto di esserlo, ai Consultori familiari, presenti in ogni zona della Diocesi. Al secondo punto si specifica che l’Ufficio deve aiutare i fedeli a comprendere la loro condizione anche nella prospettiva di una propria collocazione all’interno della Chiesa che – è bene dirlo – non respinge nessuno. A tal fine si offriranno gli idonei suggerimenti per affrontare e sostenere cristianamente questa condizione. Questo è un punto particolarmente delicato dal punto di vista umano e giuridico. Un ulteriore obiettivo è quello di accompagnare verso un’eventuale introduzione della domanda per lo scioglimento del vincolo. Infine, al quarto punto, si mette a disposizione la consulenza relativa alla possibilità di introdurre la domanda per la verifica della nullità matrimoniale, rendendo consapevoli i soggetti coinvolti.
Nel contesto di tali prerogative, il nuovo Ufficio sostituirà altri Servizi curiali o si affiancherà a essi?
Rimarranno inalterate le competenze esistenti. Ripeto che l’articolazione di cui ho la responsabilità ha un profilo di consulenza e di mediazione e che, dunque, non modifica in alcun modo il ruolo di riferimento, nelle questioni in oggetto, del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, come pure, laddove previsto per problemi specifici, del Servizio per la Disciplina dei Sacramenti e dei Consultori. Il concetto di accoglienza si qualifica, dunque, in un orizzonte, più che tecnico, di tipo pastorale.
L’idea di costituire l’Ufficio è nata proprio dalla constatazione della presenza di tante coppie separate? Ed è un’iniziativa solo ambrosiana o ha esempi simili in altre Diocesi?
Personalmente non ho notizia di altre strutture analoghe nel Paese, mentre per quanto attiene alle ragioni che hanno spinto l’Arcivescovo a creare per Decreto l’Ufficio, le motivazioni sono quelle espresse nella sua Lettera alla Diocesi, quando scrive: «La presenza di molti fedeli che vivono l’esperienza della separazione coniugale e lo specifico dovere del Vescovo di provvedere adeguatamente all’accompagnamento di queste situazioni, suggeriscono la costituzione di una nuova e specifica articolazione organizzativa della Curia arcivescovile». Credo che così il cardinale Scola voglia testimoniare la sua attenzione e vicinanza.
Avete già avuto richieste o, comunque, riscontri in vista dell’avvio della operatività concreta?
C’è, e vi è stato, molto interesse sui mezzi della comunicazione, come tra la gente. Col Vicario di Settore monsignor Bressan abbiamo promosso in queste settimane e in varie parti della Diocesi incontri di presentazione che sono sempre stati affollati.
A sottolineare l’importanza dell’Ufficio anche la scelta, finora inedita, di avere, oltre a Milano, altre due sedi a Lecco e a Varese…
È una sperimentazione nella sperimentazione: ricordo, infatti, che il nuovo organismo è costituito ad esperimentum per un triennio. Certamente, però, credo che la decisione di andare anche altrove rispetto alla ubicazione principale in Curia a Milano, sia un segno bello e coraggioso di fronte a una realtà, come quella di oggi, molto complessa.