Link: https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/pastorale-dei-migranti-a-che-punto-siamo-volti-nuovi-per-un-nuovo-volto-di-chiesa-91495.html
Sirio 09 - 15 dicembre 2024
Share

Pastorale dei Migranti: a che punto siamo? VOLTI NUOVI PER UN NUOVO VOLTO DI CHIESA

Domenica 4 giugno si celebra a Rho la tradizionale Festa delle genti che quest'anno ha per tema "Volti nuovi per un nuovo volto di Chiesa". Una giornata di festa nello spirito della Pentecoste ma soprattutto un'occasione per ripensare i grandi temi del movimento migratorio

10 Novembre 2006

Sono sempre più numerosi gli immigrati che oggi, nella Diocesi di Milano, non solo lavorano, ma vivono con la loro famiglia un’attenzione responsabile verso la città che li ospita. L’impegno della Pastorale dei Migranti è quello di educare i fedeli a vivere appieno la dimensione spirituale aiutando la comunità cristiana tutta – italiani e stranieri – a riflettere sul fatto che siamo chiamati a vivere insieme come fratelli, come la prima comunità cristiana dopo la Pentecoste.

di Giancarlo Quadri
Responsabile diocesano
del Servizio per la pastorale dei migranti

A che punto siamo in Diocesi di Milano con l’inserimento dei migranti nelle nostre Parrocchie, nella Pastorale ordinaria? A che punto siamo con qualche decisione forte che auspichiamo da parte dei Consigli pastorali parrocchiali? Con quel cambiamento di mentalità che tanto è necessario? A che punto siamo con quella necessaria conoscenza delle Religioni che sola può portare a un dialogo costruttivo? A che punto siamo con quella educazione delle seconde generazioni, i giovani, che dovrà formare quella società interculturale di cui tanto spesso parliamo? A che punto siamo con quel movimento di famiglie che non può accettare che vivano divise realtà che devono essere unite? E poi il lavoro, la casa, la scuola, la cultura o, meglio, le culture, e così via… Per fare poi in modo che lo spirito dell’agire ecclesiale e le eventuali soluzioni si riversino nell’intera società, in questa nostra società che ci sembra così lontana dai temi e, soprattutto, dallo spirito del Vangelo.

Ripensare insieme i grandi temi del movimento migratorio e le necessarie dinamiche d’intervento può lasciare sconcertati e a volte dubbiosi sul possibile risultato positivo. Eppure, abbiamo già cominciato. Già si sta lavorando e molto spesso con progetti e risultati buoni!

Qual è il lavoro fatto quest’anno, almeno dal punto di vista della Chiesa di Milano, quel lavoro che chiamiamo pastorale? L’impegno primo, come detto, e’ la sensibilizzazione delle Comunità parrocchiali ad accogliere ormai in modo diverso il migrante presente tra di noi. Non è facile vincere i dubbi e i pregiudizi su questo punto. L’immagine prevalente del migrante è ancora quella del povero e in molti casi ancora è vera. Nei nostri incontri però, già da alcuni anni, abbiamo tentato di presentare un’immagine altrettanto reale: persone inserite nella società; persone portatrici di ricchezze interiori e di fede grande; persone capaci di esercitare numerose forme di servizio alla comunità; famiglie faticosamente ricongiunte e che lottano per un diritto al vivere insieme troppo spesso negato; ragazzi che per una vita e un futuro normale dovranno faticare il doppio dei nostri. Ne siamo testimoni ogni giorno.

C’è un punto che caratterizza il nostro lavoro di questi anni, elemento chiave da cui partire in questo rinnovamento: il Consiglio pastorale parrocchiale. Vogliamo, cioè, che la decisione di “vivere insieme” l’esperienza cristiana con i Migranti parta dalla responsabilità di tutta la comunità parrocchiale, non da alcune Pastorali di settore. Per questo i nostri inviti sono rivolti ai membri dei Consigli pastorali. Quasi a dire: è la comunità dei credenti in Cristo, animata e guidata dallo Spirito Santo, che decide di aprirsi e di vivere insieme con questi fratelli e sorelle il cammino della vita e della fede. Credo che ciò sia di grande importanza in un mondo che chiaramente non crede al positivo della immigrazione.

Un secondo punto mi sembra ancora più importante nel nostro lavoro. Ossia, potere presentare alle Comunità parrocchiali degli esempi concreti di fratelli e sorelle migranti che già vivono nella loro quotidianità quanto ci sforziamo di sottolineare negli incontri che promuoviamo. Ebbene, mi sembra proprio questo l’aspetto più positivo dei nostri incontri. In numerose serate ci hanno accompagnato dei migranti delle diverse Comunità etniche ormai presenti tra noi. È stato davvero bello vedere la sorpresa – e la gioia insieme – di tanti italiani nello scoprire la freschezza di una fede vissuta nelle parole, nei canti, nei gesti, nelle danze, nella gioia e fratellanza espresse durante gli incontri. Non è stato difficile cogliere espressioni del tipo: «Ma che fede grande!… Ma che gioia esprimono!… Noi non sapevamo che…» e altre ancora. Testimonianza di un incontro che può e deve avvenire!

Tutto questo però non nasce per caso. Sono anni che non solo parliamo, ma soprattutto lavoriamo all’interno delle comunità etniche presenti sul nostro territorio, per mantenere, coltivare, sviluppare quella fede cristiana già così meravigliosamente presente nel cuore dei Migranti. Comunità che, come tutte, conoscono debolezze, rinunce, tradimenti, ma anche tanta azione e preoccupazione per camminare, in quella fede che viene da Lui. Così ora queste stesse persone e gruppi si possono presentare sulla scena della Diocesi, non solo reclamando il posto dovuto, ma con uno spirito missionario che li porta a compiere opera di evangelizzazione tra i fratelli, senza distinzione di nazionalità. È un modo molto bello. E’ una grande speranza per la Chiesa italiana e ambrosiana. Sta a noi saperla cogliere e compiere insieme un cammino di continua conversione.

Questo e altro ancora – troppo lungo da descrivere – è il lavoro che la Diocesi sta compiendo tra i migranti.