«Lo stare insieme non è un capriccio, ma è la condizione per vivere al meglio la propria vita, perciò vogliamo vivere solo insieme. Questo vuole essere il mio saluto a te che vieni da ogni parte della Diocesi, a tutti voi, ai genitori e ai nonni, ai catechisti, agli animatori e agli allenatori, ai sacerdoti e alle suore».
Inizia con queste parole, dopo aver salutato i ragazzi più sfortunati, portatori di disabilità, nel boato che lo accoglie al suo ingresso sul campo di San Siro, il cardinale Scola che incontra i cresimandi e cresimati 2015. I cinquantamila che già da ore sono sulle gradinate, fino al terzo anello, applaudono, salutano, espongono i manifesti con i nomi di paesi, parrocchie e oratori e raccontano anche così l’emozione e l’orgoglio di essere appunto tutti insieme con l’Arcivescovo, i Vescovi ausiliari e i Vicari episcopali, cui si aggiunge il vescovo di Kluges, in Romania, monsignor Florentin.
Tra i colori delle casacche, diversi per ciascuna Zona pastorale della Diocesi, la musica, le coreografie provate per mesi ed eseguite da mille figuranti, ma soprattutto le riflessioni ispirate alla Nota Pastorale “La Comunità educante” e al Cammino dei Cento giorni proposto in preparazione alla Cresima, il tradizionale momento del 2 giugno – uno dei più amati dall’intera Chiesa ambrosiana – diventa davvero l’immagine bella di un essere “pieni di Spirito per nutrire il mondo”. Così si intitola, infatti, l’incontro di quest’anno, nel richiamo allo Spirito santo, che si riceve con il sacramento della Confermazione, ma anche in consonanza con il tema di Expo. Quell’essere insieme come Chiesa che subito sottolinea nella sua omelia, l’Arcivescovo, dopo la lettura del Vangelo di Giovanni al capitolo 6, 32.
«Questo bel gesto serve solo se ci riporta alla radice della questione di Colui che dice, “Io sono il pane, io che obbedisco alla volontà del Padre, che tiene insieme tutto, io che mi gioco in prima persona. Se non ci fosse il Padre, noi spariremmo in questo steso momento, non saremmo mai nati. Lui è la forza e il vigore che mette e tiene insieme ciascuno di noi volendoci bene in modo unico e personale».
Chiarissimo il riferimento all’amore: «Senza lo Spirito non possiamo capire il valore della parola che tutti gli uomini di qualunque tempo, cultura, condizione, ricchi e poveri, emarginati ed esaltati, sulla bocca di tutti o esclusi, usano ogni giorno: l’amore. Lo Spirito è l’amore con la “A” maiuscola».
Quello Spirito che, scandisce il Cardinale, rivolgendosi direttamente ai ragazzi, «con la sua potenza prende dimora in noi – per questo riceviamo la Cresima – e, se lo seguiamo, educa al vero amore che non viene mai meno, l’amore che vuole il bene dell’altro e che non lo strumentalizza. Avete un età giovane, ma potete già capire una grande cosa che il mondo di ora rischia di smarrire: lo Spirito di Gesù che ha dato la vita resta con noi come pane permanente, è Lui la risposta alla grande domanda che ogni uomo ha nel cuore. Immaginate se Gesù fosse qui e vedesse quello che vedo io e vi dicesse, ora, “io voglio essere il pane vivo che la Chiesa impasta per noi e il fuoco dello Spirito cuoce”».
Da qui l’augurio: «Rispondete a Lui come fece Pietro –“Signore da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna” –, sapendo che le nostre comunità, oratori, associazioni, movimenti, gruppi, famiglia sono la presenza viva e vi vogliono portarvi alla felicità. Mostriamo la fame di questo pane, perché pieni dello Spirito di amore possiamo nutrire il mondo. Vi assicuro che la vita, così, ma solo insieme, è bella, è vera, è buona e – alla mia età posso dirlo –, vale veramente la pena di viverla fino in fondo: ».
Poi la consegna del Mandato ai catechisti, educatori, genitori e ai ragazzi, per “continuare a camminare con il Signore”, “per essere segno di speranza che sazia la fame nel mondo”, secondo quello che i ragazzi in oratorio in questi mesi hanno imparato, come piccoli chef, preparando cibo per gli altri, ossia che la Comunità cristiana si costruisce insieme nella condivisione.
Una condivisione che si fa molto concreta nel gesto della raccolta fondi, realizzata al termine dell’incontro e destinata alla costruzione di un centro di formazione per l’allevamento e l’agricoltura di una parrocchia nella diocesi camerunese di Mbalmayo. Una condivisone che è anche nel gesto che l’Arcivescovo domanda a ciascuno di compiere annunciando che dal 16 al 20 giugno sarà in Iraq, a Erbil, per portare la solidarietà, l’amicizia, l’affetto e il conforto a tutti gli sfollati che sono stati oggetto di una prova durissima –, decine e decine di migliaia hanno dovuto lasciare le case, taluni sono morti –, e per sostenere i ragazzi «della vostra età che non riescono a istruirsi in maniera adeguata. Voglio portare loro la vostra solidarietà e amore cristiano, perché voi siete pieni di Spirito. Vi chiedo, di dire prima di dormire, tutte le sere un’Ave Maria per questi nostri fratelli e per tutti gli uomini e donne che sono perseguitati per il loro credo o il loro senso della vita». Poi, sulle note dell’Inno alla Gioia di Beethoven, il giro del campo che è un trionfo e ancora il richiamo all’ “insieme”.
Concetti su cui Scola torna, parlando con i giornalisti. «Il messaggio profondo e vero dell’Expo, su cui questi giovani riflettono, è il nutrimento vero e pieno che viene dallo Spirito e dall’amore di Dio».
Non manca una battuta scherzosa, dopo aver ricevuto in dono le magliette di Milan e Inter. «È bello essere a San Siro così felici, perché, dal punto di vista calcistico, per le squadre milanesi non è stato un anno molto bello. Noto, tuttavia, un’analogia tra l’Inter e Milan e questi ragazzi, perché anche le grandi squadre vincono solo se sanno fare gioco d’insieme e, infatti, ciò è quanto è un poco mancato. Io trovo molto commovente questo gesto, forse il più commovente che compio durante l’anno, perché i ragazzi sono spalancati alla vita e questo ci rianima. Se chiediamo a tanti nostri concittadini cosa significhi mettere a tema lo Spirito santo, sarebbero stupiti, loro invece lo fanno». Loro che sono la generazione social, un fenomeno, per il Cardinale rispetto al quale «il problema è uno solo: educare, perché gli adulti abbiano uno sguardo intero sui giovani e così si potrà orientare anche un processo complesso come i new media».
Infine, l’attualità più stringente, l’astensionismo alle elezioni di domenica scorsa: «un fenomeno legato alla transizione, poiché i partiti politici devono trovare forme nuove e rinnovate di partecipazione e per fare questo occorre essere credibili nelle persone e nelle proposte. Credo che il fenomeno gravissimo dell’astensione, non vada tanto imputato ai singoli politici ma alla transizione inedita che identifica questo inizio di millennio. Dobbiamo chiederci chi vuole essere l’uomo del terzo millennio e la politica in Europa ne ha più che mai bisogno. Anche se la voce dei Cattolici e quasi sparita, almeno dal punto di vista di un Cattolicesimo politico, molti sono coinvolti nelle diverse realtà e i giovani non disdegnano i temi sociali e questo dà speranza. La questione è la coscienza, la coerenza e la partecipazione».