Si può essere un intellettuale dal linguaggio complesso e, insieme, un efficace comunicatore capace non solo di parlare, ma soprattutto di entrare in sintonia con il popolo dei propri fedeli? Angelo Scola, nella sua esperienza di Patriarca, c’è riuscito. E c’è riuscito in una terrra diffidente e difficile com’è il Nordest e in una città globale e altera come Venezia, abituata a parlare con il mondo, ma a esprimersi in dialetto, a convivere con Carnevali e Biennali, a mescolare sacro e profano.
Nonostante ciò, Angelo Scola porta con sè la fama di uomo che «parla difficile». Ma si tratta di un’etichetta del tutto parziale e assai riduttiva. Certo, come ha scritto una volta Aldo Cazzullo, «ascoltarlo è un piacere intellettuale che richiede attenzione» e quindi impegno, concentrazione. In realtà è vero che il suo è un linguaggio che spesso sfugge ai canoni della comunicazione tradizionale, una dialettica avvolgente in cui le parole estendono il loro campo semantico assumendo significati talvolta inconsueti e inediti. Valga per tutti il concetto molto caro a Scola di «vita buona», un’espressione che nella sua essenziale semplicità racchiude una vera e propria Weltanschauung, un’articolata visione del mondo e dell’esistenza. Ma accanto allo Scola autore di tanti libri, al colto fondatore della rivista Oasis e all’intellettuale raffinato che passa con disinvoltura dalle citazioni di Habermas a quelle di von Balthasar, c’è anche lo Scola che, consapevole del suo ruolo di pastore nella società della comunicazione, si è preoccupato di instaurare con i media un rapporto non episodico e gestito con discreta ma sicura professionalità.
Benché spesso richiesto, assai raramente si è concesso alla televisione («temo che il mio linguaggio e i miei tempi siano poco adatti alle esigenze del video», ha spiegato un giorno), ma con la carta stampata, in particolare con quella del territorio veneziano e veneto, ha mantenuto, in prima persona o attraverso i suoi collaboratori, un filo diretto fino agli ultimi giorni della sua presenza veneziana. L’esigenza di “parlare”, di entrare in contatto con la gente anche attraverso i giornali è stata una costante della sua attività di cardinale e di pastore. Un’attenzione testimoniata anche nel tradizionale incontro con la stampa locale per gli auguri di Natale: un appuntamento che, progressivamente, ha preso la forma di conferenza stampa di fine anno. In tutto ciò Scola è stato favorito da una naturale, e molto lombarda, attitudine alla franchezza e da una propensione a non scantonare neppure di fronte alle domande più insidiose e delicate. Solo negli ultimi mesi, quando qualche cronista lo avvicinava per porgli l’inevitabile domanda sul suo possibile futuro di Arcivescovo di Milano, il Patriarca si ritraeva, rifugiandosi nel silenzio o ricorrendo a qualche battuta. Scelta inevitabile. Anche per un abile comunicatore.