La città cambia volto. Con enfasi crescente e determinazione muta sembianze. E, v’è da presumere, natura. A dire il vero non si conoscono ancora bene i lineamenti prossimi venturi e non si sa quale effettiva identità verrà ad assumere di qui a vent’anni. Ma di una realtà bisogna prendere atto: la Milano socialdemocratica è finita. Punto. È archiviata. Non è una formula politica che si dissolve, non è un’ideologia che tramonta. Ma è la trasformazione di un modo di essere, che assicurava contrappesi, sintesi tra spinte ideali magari contrastanti ma capaci di riconoscersi in valori che accomunavano, gestione dei conflitti e indirizzo degli esiti su obiettivi da condividere, faticosa costruzione di equilibri affidati alla dinamica del confronto anche duro ma mai delegittimante la controparte. Insomma, siamo oggi testimoni di un’alterazione nei rapporti, di cui non è facile prevedere ora gli svilupp i.
di Marco Garzonio
Presidente della Fondazione Ambrosianeum
I pessimisti hanno torto. Non è vero che Milano è ferma o, addirittura, in declino, che sia incapace di levare lo sguardo oltre la cerchia della circonvallazione, abbia il fiato corto, manchi di una visione proiettata nel tempo. Mai si sono profilati all’orizzonte tanti cantieri aperti, silhouette di gru che volteggiano con frenesia, caterpillar che sbancano terrapieni, autocarri che sgasano carichi di ghiaia, cemento, tondino.
Come da lustri non si assisteva all’accorrere in massa di architetti, ingegneri, studi di progettazione, società finanziarie, immobiliari. La città cambia volto. Con enfasi crescente e determinazione muta sembianze. E, v’è da presumere, natura. A dire il vero non si conoscono ancora bene i lineamenti prossimi venturi e non si sa quale effettiva identità verrà ad assumere di qui a vent’anni. Ma di una realtà bisogna prendere atto: la Milano socialdemocratica è finita. Punto. È archiviata.
Non è una formula politica che si dissolve, non è un’ideologia che tramonta. Ma è la trasformazione di un modo di essere, che assicurava contrappesi, sintesi tra spinte ideali magari contrastanti ma capaci di riconoscersi in valori che accomunavano, gestione dei conflitti e indirizzo degli esiti su obiettivi da condividere, faticosa costruzione di equilibri affidati alla dinamica del confronto anche duro ma mai delegittimante la controparte. Insomma, siamo oggi testimoni di un’alterazione nei rapporti, di cui non è facile prevedere ora gli sviluppi, se l’approdo sarà un mutamento genetico dello stare assieme in città, o un assestamento di rappresentanze senza l’alterazione del tessuto sociale.
Ècome se una forza propulsiva, presente come braci o fiume carsico ma a lungo ignorata o compressa, sia esplosa pressoché all’improvviso. E le energie liberate abbiano preso direzioni «spontanee», come capitava (o come da taluni si è voluto determinare), non secondo un disegno preordinato.
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