«Nelle società del nostro tempo il valore della famiglia trova un riconoscimento indiscusso e universale». Lo ha dimostrato con i dati di alcune indagini Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia e direttore del Dipartimento di statistica dell’Università di Milano-Bicocca, intervenuto in una delle sessioni di lavoro del pomeriggio del Congresso teologico pastorale.
Il docente ha sostenuto che la famiglia, «alla prova dei fatti, è costretta a cedere terreno nelle grandi scelte del ciclo di vita – come quella di sposarsi o far nascere un figlio – quasi sempre filtrate da valutazioni di ordine economico e lavorativo». «La verità – ha aggiunto – è che i progetti di formazione e di sviluppo delle famiglie si scontrano con una realtà sociale che ha fortemente bisogno di capitale umano, ma fa ben poco per sostenere la “fabbrica” in cui tale capitale viene prodotto e formato». Recuperare la «centralità della famiglia» è ormai, dunque, «l’unica strategia per restituire alle società urbane quella vitalità demografica da cui non può prescindere ogni progetto di sviluppo, doverosamente rispettoso del ruolo e del valore dell’uomo».
Per Thomas Hong-Soon Han, ambasciatore di Corea presso la Santa Sede, è necessario che «la società intervenga con politiche adeguate a favore della promozione della famiglia» e «anche la famiglia stessa deve coinvolgersi per proteggere se stessa attraverso la partecipazione più attiva alla politica familiare». Questo perché «l’urbanizzazione e la globalizzazione stanno portando alla trasformazione radicale della struttura del lavoro e, al contempo, alla trasformazione della fisionomia della famiglia nella società urbana». Il diplomatico ha notato che «la femminilizzazione della forza lavoro, in combinazione con l’informatizzazione del lavoro, rendono le donne più autonome» e «i ruoli e le relazioni tra i sessi subiscono un notevole cambiamento e così anche il concetto di matrimonio: i casi di divorzio aumentano».
Suor Alessandra Smerilli (economista) ha notato che «l’economia moderna ha espulso la gratuità e si è sviluppata l’idea che il contratto è un buon sostituto del dono» e che «riportare il femminile nei luoghi di lavoro li renderebbe più umani». Dagli studi emerge infatti «come in media le donne sono più avverse al rischio, abilità fondamentale per evitare i fallimenti» e si è visto «che le donne sono più abili nel cooperare in gruppo per risolvere i problemi».