Indetto dalla Cei nel 1990, dal 2005 questo appuntamento annuale
mette a tema una delle dieci Parole che compongono il decalogo
del Sinai: quest’anno tocca alla terza, che corrisponde al secondo
comandamento della tradizione cattolica, “Non pronunciare il nome
di Dio invano”. A ciò si aggiunge una riflessione specifica sulla
fede di Gesù. In diocesi in programma due convegni: il 15 gennaio
al Seminario di Seveso e il 17 gennaio all’Ambrosianeum di Milano
11/01/2008
di Rosangela VEGETTI
Nel contesto della Giornata annuale di riflessione ebraico-cristiana (17 gennaio), per la diocesi ambrosiana sono in programma due appuntamenti.
Martedì 15 gennaio, alle 10, al Seminario San Pietro Martire di Seveso, incontro diocesano sul tema della Giornata, “Non pronunciare il nome di Dio invano” (Esodo 20,7), con l’intervento di rav Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, e di don Gianantonio Borgonovo, teologo biblista.
Giovedì 17 gennaio, alle 17.30, presso l’Ambrosianeum di Milano (via delle Ore 3), il Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano e la Fondazione Ambrosianeum propongono un incontro sul medesimo tema. Vi partecipano il teologo Carlo Molari (“La Fede di Gesù”), rav Alfonso Arbib, Rabbino Capo di Milano (“La terza delle Dieci Parole secondo la Tradizione ebraica”), e Gioachino Pistone, valdese del gruppo Teshuvà (“Gesù e la Terza Parola”).
Ritorna così l’appuntamento annuale, indetto dalla Cei nel 1990, della Giornata di riflessione ebraico-cristiana, tesa a superare ogni tipo di antigiudaismo e ad arricchire la riflessione cristiana dell’apporto ebraico. Non a caso è posta immediatamente a ridosso della Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, volendo così segnare come la riflessione ebraico-cristiana sia distinta e nello stesso tempo preliminare a ogni passo di dialogo tra i cristiani.
Dal 2005 tema generale della Giornata è una delle dieci Parole che compongono il decalogo del Sinai secondo la Tradizione ebraica: quest’anno, per l’appunto, è la terza Parola, che secondo la tradizione cattolica si riferisce al secondo dei dieci comandamenti. Il comandamento condanna ogni uso blasfemo del santo Nome rivelato a Mosè al roveto ardente (Esodo 3,13-15), che secondo la tradizione ebraica biblica e talmudica può essere pronunciato solo nelle benedizioni sacerdotali nel Tempio, e indica il compito di celebrarlo e santificarlo con l’impegno a una vita di santità.
«In tal modo – scrivono il rabbino Laras e il vescovo monsignor Vincenzo Paglia nel sussidio di riflessione alla Giornata – il Comandamento rivela all’uomo tutta la sua ricchezza, che ha il suo momento più alto nella proclamazione dell’universalità della santità e della santità dell’Eterno».
In più, quest’anno si inserisce la tematica della fede di Gesù come elemento di indagine e di approfondimento, chiave di volta tra l’Antico e il Nuovo Testamento. «La fede di Gesù – spiega don Gianfranco Bottoni, responsabile del Servizio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi e membro del Gruppo di studio biblico Teshuvà – èforgiata dalla parola di Dio attestata nelle scritture ebraiche, quello che noi chiamiamo Antico Testamento, ed ènormativa della fede cristiana e del Nuovo Testamento».
Non rientra nella considerazione più comune pensare Gesù nella sua umanità, nella sua esperienza storica di uomo ebreo, come persona che ascolta, che impara, che ricerca, che obbedisce, mentre è più consueto considerarlo solo nella sua natura divina. Ma in Gesù entrambe le nature sono presenti e vanno tenute in conto. «In tempi recenti – continua don Bottoni – nuovi studi e ricerche, dal punto di vista biblico e teologico, si sono avviati sul tema, per cui abbiamo pensato di proporlo anche per questa Giornata di studio sull’ebraismo».
Un passo ulteriore per recuperare la più autentica memoria del passato perché, come precisa la studiosa di giudaismo Elena Lea Bartolini, « la separazione di fatto tra ebrei e cristiani è posteriore all’anno 134 e questo significa riconoscere un periodo comune che è quello in cui la tradizione ebraica assume forma scritta e nascono i Vangeli, quasi un punto di cerniera che unisce e poi distingue le due correnti».