La Chiesa italiana continua a «percorrere» la via della «sinodalità». E proprio per questo, «i vescovi sono uniti e compatti nel condividere le difficoltà e le prove della famiglia e nel riaffermarne la bellezza, la centralità e l’unicità». È andato dritto al sodo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella prolusione con cui ieri ha aperto il Consiglio episcopale permanente, chiarendo, ancora una volta, che «insinuare contrapposizioni e divisioni» tra i vescovi «significa non amare né la Chiesa né la famiglia». Già, perché la Chiesa italiana è impegnata a vivere «il frutto più prezioso» del Convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre 2015): la «sinodalità». E questo, «a livello di singole comunità e Chiese particolari, nelle Conferenze regionali e in quella nazionale».
La «cattedra dei poveri»
La «sinodalità», dunque. Il Convegno di Firenze, ha spiegato il cardinale, «è stata un’esperienza di Chiesa – preparata per mesi – attraverso la quale abbiamo toccato la ricchezza e la bellezza della comunione». Quattro i «temi connessi tra loro» raccolti da Bagnasco nelle conclusioni del Convegno e ora presentati al Consiglio permanente «nella prospettiva della seconda parte del decennio» dedicato al tema dell’educazione: «missionarietà», «famiglia», «scuola», «cattedra dei poveri». Anzitutto la «missionarietà», «slancio che va rinvigorito e ringiovanito». In secondo luogo, «l’attenzione alla famiglia», perché «le sia conferita la centralità che le spetta sia nella Chiesa sia nella società». C’è poi la scuola, che deve essere «sostenuta e valorizzata». Infine, «ma non ultima per importanza», «la cattedra dei poveri»: «A Firenze ci ha richiamato all’opzione preferenziale per i poveri il Papa, insieme al compito di mantenere vivo il dialogo e il confronto con le diverse culture presenti sul nostro territorio». Ancora oggi, ha concluso, «sentiamo in noi il calore e l’intensità con cui ci ha indicato questa meta alta: tenerla come riferimento costante e normativo, ci aiuterà a verificare le scelte pastorali delle nostre diocesi come dell’intera nostra Conferenza». Tema, questo, che richiama per certi versi il Giubileo della misericordia, con l’invito alle «nostre comunità» a diventare «sempre più luoghi ospitali e accoglienti, in cui le inevitabili e salutari differenze sono occasione di crescita, e non di divisione». Per questo, ha sottolineato Bagnasco, è importante «valorizzare in tutte le diocesi le Porte Sante» con l’auspicio che «il Giubileo c’insegni a guardare le persone e le cose con occhi di bontà».
La crisi sui territori
Restando sui territori italiani, il Cardinale ha manifestato la preoccupazione dei vescovi in quanto «quotidianamente testimoni, nelle parrocchie e comunità», della mancanza di «ricadute sul piano concreto» della ripresa economica. I segni sono tanti: dalla disoccupazione giovanile, alla «sofferenza» di adulti che perdono il lavoro, dalle varie situazioni d’indigenza che riguardano «bambini e anziani, donne e uomini», al «disagio psico-relazionale» e agli «stati ansiosi dovuti alla preoccupazione per il futuro dei figli».
La povertà, ha chiosato il presidente Cei, «non deve diventare invisibile agli occhi di nessuno». Al riguardo, il Cardinale ha ricordato le varie forme di testimonianza della Chiesa: «I 6 milioni e 300 mila pasti erogati, nel 2014, dalle 353 mense della Caritas a cui bisogna aggiungerne almeno altrettanti, assicurati da parrocchie, Istituti religiosi, associazioni varie»; «gli oltre 6 milioni e mezzo di pacchi viveri dati dai centri coordinati dalla Caritas»; «la cinquantina di empori-market solidali»; l’azione dell’«Alleanza contro la povertà», che promuove tra l’altro il «reddito d’inclusione» sociale. Davvero, ha rimarcato, «c’è un bene sommerso che non fa notizia, ma crea rapporti e segna la vicenda umana: va incoraggiato per far crescere il fronte della generosità e del servizio ai poveri e agli indigenti, perché la vita di tante persone richiede risposte concrete e tempestive».
Lo scrigno della famiglia
In questa linea, ha aggiunto Bagnasco, «sentiamo il dovere di rilanciare la voce della famiglia perché sia tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti». L’augurio è che «nella coscienza collettiva mai venga meno l’identità propria e unica di questo istituto». Proprio su questo «fronte vitale», ha evidenziato il Cardinale, «si è accesa una particolare attenzione e un acceso dibattito». Perciò, «è bene ricordare che i Padri costituenti ci hanno consegnato un tesoro preciso, che tutti dobbiamo apprezzare e custodire come il patrimonio più caro e prezioso, coscienti che – come ha detto il Papa – non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». Nella famiglia, ha proseguito, «vi è una punta di diamante: i figli. Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre. Hanno bisogno di un microcosmo completo nei suoi elementi essenziali». Insomma, i vescovi non solo credono che «la famiglia è “la Carta costituzionale della Chiesa”», ma anche sognano «un ‘Paese a dimensione familiare», dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e «i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia».
Dalle questioni nazionali a quelle internazionali
I vescovi, ha assicurato il Cardinale, sono «interpellati da migranti e perseguitati». In questo momento, «l’Europa e l’Onu devono farsi carico della responsabilità d’individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni, che gettano un’ombra pesante sulla stessa civiltà. È necessario altresì sollecitare una nuova politica migratoria in Europa, affinché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circolazione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza». A oggi, ha informato Bagnasco, «sono oltre 27 mila coloro che sono ospitati nelle nostre strutture, anche in risposta all’appello del Santo Padre dello scorso 6 settembre». Comunque sia, ha concluso, «è necessario superare soluzioni affidate solo alla generosità di singoli e di organismi, favorendo un’accoglienza diffusa».