«Non è solo questo sport a essere malato e pieno di problemi:
e’ il nostro Paese che vive in una situazione inaccettabile –
spiega il giornalista -. Quanto è successo ad Arezzo ha motivazioni
e agganci abbastanza indiretti con il calcio. Qualsiasi occasione
viene trovata per attaccare le forze dell’ordine e tutto ciò
che rappresenta l’ordine costituito: una situazione pericolosa
per la normale convivenza civile in un Paese democratico»
«E’ drammatico quello che è successo, dopo il lutto e il dolore della famiglia e degli amici della vittima, per come si è evoluta la situazione in una domenica di calcio. Un altro segnale che ci fa capire che non è solo questo sport a essere malato e pieno di problemi, ma e’ il nostro Paese che vive in una situazione inaccettabile, se si verificano episodi di violenza come gli attacchi alle forze di polizia, alle caserme, ecc.».
Lo dice Bruno Pizzul, giornalista e ed ex telecronista sportivo della Rai, commentando gli episodi di domenica: la morte del giovane ucciso da un poliziotto in un autogrill sull’A1 e le contestazioni, i cortei, gli incidenti in più città che hanno costretto anche la sospensione di partite. «È un segno di malessere generale – ripete Pizzul -, che ha trovato esca, in maniera indiretta, nel mondo del calcio. Questo denota una situazione molto, molto pericolosa, anche per quella che è la normale convivenza civile in un Paese democratico».
In merito alla proposta di sospensione del campionato, Pizzul, che per tanti anni ha raccontato in telecronaca diretta le partite della Nazionale italiana, è convinto che «nessuno ha una ricetta infallibile» per mettere fine a situazioni di questo genere. «Certo è – aggiunge – che si può prendere in considerazione l’ipotesi di bloccare il campionato anche se quello che è successo, francamente, ha motivazioni e agganci abbastanza indiretti con il calcio. Il fatto che questo ragazzo fosse un giovane tifoso della Lazio ha fatto scatenare una serie di reazioni intollerabili».
«Io non so – prosegue il giornalista – se basta sospendere il campionato: certo è che qualsiasi occasione viene trovata per attaccare le forze dell’ordine e tutto ciò che rappresenta l’ordine costituito. Questo è un problema del calcio, ma certamente non solo del calcio».
«Non ho soluzioni. Si potrebbe anche dire: “non giochiamo più a calcio” – conclude Pizzul -. Sarebbe un modo di arrendersi a quei facinorosi che hanno la situazione in pugno e che non aspettano nient’altro per creare tensioni. La tifoseria italiana, anche se può sembrare una frase fatta, è costituita da persone per bene. A questi che si comportano in modo violento non lancerei nessun messaggio, perché non lo recepirebbero».