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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Sesta d’Avvento

La vita è una chiamata:
il nostro sì sia come quello di Maria

Il Cardinale ha presieduto in Duomo la Celebrazione eucaristica nella Solennità della Divina Maternità di Maria.”Il Signore incarnato è ormai alle porte”

di Annamaria BRACCINI

22 Dicembre 2013

«La vita che è vocazione, chiamata del Signore in ogni momento, anche nei più difficili».

Il Cardinale conclude il percorso della predicazione di Avvento, con la Celebrazione nella VI domenica. Animano la liturgia in Cattedrale, il Movimento dei Focolari, il Cammino Neocatecumenale, l’Apostolato della Preghiera e l’Associazione “Sposi di Cristo”, settemila i fedeli presenti: in totale per tutto il periodo d’Avvento sono stati oltre cinquantamila. La Solennità della Divina maternità di Maria è segno che il “Figlio di Dio incarnato è ormai alle porte, che il Signore è vicino».

E, allora, l’attesa si deve vedere dai nostri volti che si illuminano quando si incontra una persona amata, ma questa stessa attesa deve essere sopratutto nel profondo del nostro io, proprio perché il Salvatore “è più intimo a me di me stesso”, come scrive Agostino nelle Confessioni.

Come Maria – nota, allora, l’Arcivescovo – dobbiamo dire il nostro sì, simbolo di “adesione libera e totale”. Sì, contro ogni scetticismo come fu quello di Zaccaria all’annuncio della nascita di suo figlio, il Battista; sì, oggi come duemila anni fa nel piccolo paese di Nazareth, in Galilea, terra non amata dagli ebrei osservanti di rango elevato nella società come appunto Zaccaria.

Eppure quella ragazza, giovane, non appartenente a una famiglia sacerdotale, segna per sempre il progetto salvifico di Dio, diventandone lo strumento pieno, insieme, di Grazia e di umanità. Maria, Madre di Gesù e nostra, appunto «la piena – per meglio dire, riempita – di grazia», che sceglie di essere ’la serva del Signore’, chiamata a collaborare liberamente al Suo progetto.

Infatti, se «l’iniziativa di Dio e il consenso umano sono essenziali alla realizzazione del disegno d’amore divino, nella vita cristiana grazia e libertà sono sempre in gioco, insieme, senza escludersi l’una l’altra, anzi potenziandosi reciprocamente», sottolinea Scola.

«Avviene una cosa simile anche nella nostra quotidiana esistenza», aggiunge. «Ogni rapporto, ogni circostanza che la Provvidenza di Dio pone sul nostro cammino – anche quelle che non possiamo o non riusciamo a capire e che costituiscono una prova – sono una chiamata del Signore che ci invita a coinvolgerci con Lui. La vita, infatti, è in se stessa, in ogni circostanza e rapporto, vocazione, anche se spesso come cristiani lo dimentichiamo. Siamo chiamati a rispondere”.

Un’evidenza pienamente condivisibile anche da chi non crede, “che può comprendere che il quotidiano assume una ben diversa e più profonda prospettiva se ci si lascia interpellare dalla realtà per collaborare ad un disegno comune buono”. Quello, suscitato da Gesù, al quale tendiamo nel desiderio profondo del cuore che spalanca ognuno di noi al compimento definitivo, alla riuscita, alla santità.

«Attraverso i bisogni materiali rettamente vissuti si è condotti, così, a riconoscere la necessaria e insostituibile dimensione spirituale della nostra esistenza. Di questa verità, svelataci in pienezza dal Dio-Bambino, ognuno può fare esperienza soprattutto se condivide il bisogno degli altri e lo fa preferendo i poveri. Dal sì coraggioso ed amoroso della Vergine al mistero del Dio incarnato sgorga uno stile di vita che ci fa compagni di strada di tutte le donne e di tutti gli uomini», scandisce il Cardinale.

Da qui il monito che si fa indicazione su come vivere compiutamente soprattutto i prossimi giorni. «Ecco il grande punto, superare l’estraneità con cui spesso viviamo i rapporti quotidiani è possibile ed è alla nostra portata. Occorre però un cuore semplice ed aperto, come quello della Madonna. Un cuore che attende dalla realtà un invito a ricominciare. Spesso siamo incapaci di rapporti veri ed intensi perché non accogliamo questo invito, dietro al quale, c’è il Dio che si è fatto uomo per amore dell’umana famiglia, di ciascuno di noi, amati a uno a uno in modo singolare”.

Un amore grande come quello del Signore – verrebbe da dire –, merita questo e altro: anzitutto, la nostra letizia, come scrive Paolo e, poi, di correre incontro al Bambino, “fedeli nella preghiera quotidiana, solerti e ben preparati nell’accostarci al Sacramento della Riconciliazione, in attesa della Santa Messa di Natale, aperti all’ospitalità”.

Il richiamo è anche al’iniziativa di Caritas ambrosiana che rende possibile il contatto tra chi vuole offrire un pranzo nelle feste e chi è in difficoltà.

L’esortazione è comunque per tutti i battezzati, ma “allargata” a quanti sono alla sincera ricerca di un senso adeguato di vita. «Provino – dice l’Arcivescovo –, a varcare la soglia della Chiesa”, magari nella Messa di Mezzanotte, alla quale il Cardinale invita tutti, anticipando gli auguri di Natale.

Tornano alla mente le parole di papa Francesco, in “Evangelii gaudium”, che il Cardinale cita: “La preghiera di materna di Maria ci aiuti affinché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un mondo nuovo”.

La serva del Signore,
piena di grazia

«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te», si sente salutare Maria dall’angelo Gabriele. E davvero la Vergine è già colma della grazia divina, in questa singolare Annunciazione della metà del XV secolo (oggi al Metropolitan Museum of Art di New York), attribuita alternativamente a due straordinari maestri fiamminghi come Petrus Christus o Jan van Eyck. Fisicamente “in attesa”, come possiamo notare sotto l’ampio mantello azzurro, lei, la Madonna, che rappresenta la nuova Gerusalemme nel cui grembo Dio fissa la sua dimora. Maria, come un’ospite premurosa, accoglie l’inviato celeste sulla soglia della sua casa. Che è sì quella di Nazaret, ma che ormai, nella trasfigurazione simbolica, è anche tempio, cioè chiesa, come rivela l’imponente struttura gotica dell’edificio. Perché lei stessa, come la tradizione letteraria non cessa di ripetere, è la «porta del cielo», attraverso la quale, cioè, il Divino è entrato nell’umano e l’umano si è aperto al Divino. «Ecco la serva del Signore»: sì, è proprio quell’umile assenso che permette all’Onnipotente di accedere alla vita umana.
Luca Frigerio