L’attesa certa e la speranza sicura che guidano il nostro giudizio sulla storia e la libertà di donne e uomini consapevoli del “Dio che viene” e delle «grandi cose che il Signore ha fatto per noi».
Nella Terza domenica dell’Avvento Ambrosiano prosegue la predicazione in Duomo dell’Arcivescovo. La sua è una riflessione intensa, per entrare a pieno nel significato del tempo privilegiato di Avvento con sentimenti di letizia, di vigilanza e di attenta comprensione per quanto ci è stato donato. Tra le navate della Cattedrale le migliaia di fedeli che siedono anche a terra, tanta è la partecipazione – sono presenti, per l’animazione liturgica, la Prelatura dell’Opus Dei e “Rinascita Cristiana” –, ascoltano in silenzio le parole del Cardinale che sottolineano il valore escatologico evidente già dal titolo di questa domenica, “Le profezie adempiute”.
Dice l’Arcivescovo: «L’universalità del disegno eterno si adempie secondo una dimensione che non è la nostra», ma che, proprio per questo – per l’essere tutta in Dio – , non lascia la «storia in balia di un caso capriccioso». Una storia fatta di eventi e trame di circostanza e rapporti che ci riguarda a livello singolo e comunitario, ma che troppo spesso ci vede “spiazzati”, non coscienti che è nel contesto in cui quotidianamente siamo chiamati a confrontarci che «dobbiamo saper vedere il disegno di Dio».
Solo così si “accende” quella speranza, appunto sicura, che Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Fides et Ratio chiamava la «logica sacramentale dell’esperienza cristiana». Criterio di libertà – come indica il “metodo” del Signore nel dialogo con i discepoli tratto dalla pagina evangelica di Luca letta in questa Terza domenica –, su cui, nota il Cardinale, dobbiamo imparare molto: libertà che non è solo scelta, che non è arbitrio, ma adesione alle verità compiuta. Libertà che, nell’orizzonte sociale, deve vedere i credenti operatori del bene comune: il richiamo è anche alla Nota del Consiglio Episcopale Milanese in vista delle prossime elezioni politiche e amministrative.
Dunque, cristiani edificatori di vita buona proprio perché portatori di una speranza che non muore, seminatori umili, ma decisi “affinché il raccolto sia gioioso”, anche nelle difficoltà del cammino che riguarda ognuno.
Insomma, più che «scandalizzarci» se non capiamo le strade del Signore, occorre »lasciarsi sorprendere», operando con quella semplicità di cuore che è tipica dei piccoli, non solo di età. È qui che si radica la condivisione cristiana dei percorsi di tutta l’umanità, specie dei più dolorosi come quelli che oggi, in Terra Santa, vedono guerra e non una pace equa. Terra che è – ricorda il Cardinale – ancora quella del Venerdì santo, terra per cui pregare in comunione con i fratelli cristiani che lì vivono.
E tutto per essere testimoni autentici anche attraverso atti precisi e concreti come l’accostarsi alla Confessione in questa Novena dell’Immacolata e sostenere la seconda fase del Fondo Famiglia-Lavoro, che ha preso il via nei giorni scorsi e che è, peraltro, uno degli adempimenti esplicitamente chiesti dall’Arcivescovo a tutta la Diocesi nella sua Lettera pastorale.
Con quell’“idea” di Chiesa viva, che si stringe attorno alla Cattedra del Vescovo, di cui appunto la Cattedrale è immagine e nome, un Duomo che oggi ha un nuovo Arciprete, come annunciato dal Cardinale a fine celebrazione. A monsignor Luigi Manganini, per oltre dieci anni Arciprete, cui è andato il grazie «con la stima, l’apprezzamento, la gratitudine dell’intera Diocesi per aver saputo interpretare le tante vocazioni del Duomo», succede monsignor Gianantonio Borgonovo, la cui immissione in questo alto e delicato ministero avverrà domenica prossima, IV dell’Avvento ambrosiano.