Tra i 1300 ambrosiani giunti in Terra Santa c’erano anche i seminaristi: sono i diaconi che diventeranno preti il 9 giugno e coloro che diventeranno diaconi il prossimo 7 ottobre. In particolare è stata loro affidata un’interessante opera di animazione vocazionale che hanno svolto nei vari gruppi dei pellegrini. Ecco la riflessione di uno di loro.
di Luca Castiglioni
L’impressione che mi lasciò la Terra Santa nell’estate del 2005, quando la potemmo visitare (i miei compagni di seminario ed io) per quasi un mese fu quella di una bellezza “diversa”. Diversa da ciò che abitualmente si intende. Bella è Parigi, Roma. Firenze è bella e Madrid. I luoghi della Terra Santa non lo sono allo stesso modo. La bellezza qui traluce dalla scelta della libertà di Dio che – Lui solo sa perché – ha desiderato toccare con mani e piedi.
Tornando dopo quattordici mesi, fra i pellegrini della nostra diocesi, che abbraccia così i suoi Cardinali, ricevo la stessa impressione. È una bellezza “altra” e la si coglie ancor più intensamente, perché l’ansia di non perdersi niente (quando mi ricapita una occasione così?) si dissolve per lasciare spazio ad altro. Questa volta si possono riempire i polmoni di quel misto inconfondibile di profumi, si può godere di paesaggi e contemplare pietre e monumenti intrisi di una storia che parla anche a te, alla quale appartieni (questo sì, è bellissimo: sei cristiano, per cui da ciascuno di questi luoghi ti senti personalmente generato e toccato, non c’è ombra di privato nella devozione del pellegrino).
Questo aspetto, che pure non smette di stupire, l’ho percepito durante il pellegrinaggio in modo nuovo. Una Terra santa “così”, discretamente rammenta – a noi che ce ne scordiamo con facilità – l’umiltà di Dio nel mistero grande della sua Incarnazione. Se Lui si è fermato a Nazareth, tu lavoratore pendolare a Milano, che hai visto la casa di Maria, fai meno fatica a credere che Dio stia tentando di farsi vivo anche nei tuoi giorni normali. E, allora, ti poni in ascolto con fiducia rinnovata. E anche tu, che cerchi di capire come Dio parla alla tua giovinezza, cosa ha in mente di bello per te: non ti sentirai mai dimenticato da Dio, che si è fatto attento anche a ciò che un turista non degnerebbe di una foto.
Tornando dalla Terra Santa nel settembre 2005, feci il proposito di leggere la Bibbia per intero. Colpevolmente, l’avevo letta solo in parte: di alcuni libri conoscevo solo i passi più famosi, dell’Antico Testamento ben poco. Scorrevano le pagine di Giudici, Cronache, Maccabei, dei Profeti maggiori e minori e mi pervadeva un sentimento variegato: da una parte sentirmi nel flusso di secoli di storia della salvezza mi dava grande pace. Leggere significava abbandonarsi alla cura di Dio per l’uomo. D’altra parte avvertivo il peso di storie ripetitive, violente, zeppe di miseria, come se ne sentono scorrendo le pagine di ogni giornale. E questo esercizio di un anno, qualche capitolo di Bibbia al giorno, dava profondità a quella iniziale impressione, che questo pellegrinaggio, ora che la Bibbia l’ho letta tutta, ha confermato: Dio che si fa uomo trasfigura la storia degli uomini, rende il quotidiano eterno, il prosaico bello. Ho trovato così conforto per la mia vocazione e per l’inizio della vita sacerdotale che mi attende, dopo l’ordinazione del 9 giugno prossimo.