La notte che precede il primo maggio al mercato ortofrutticolo di Milano è tempo di preghiera. Oggi le parole del cardinale Angelo Scola si sostituiscono alle voci di chi, negli altri giorni dell’anno, è impegnato fin dalla mezzanotte a scaricare camion e comprare o vendere all’ingrosso frutta, verdura, carne, pesce, fiori.
Quello di viale Lombroso è il mercato più grande d’Italia per quantità di prodotti commercializzati (un milione di tonnellate l’anno) ed è frequentato da oltre 9.000 persone ogni giorno.
Novemila lavoratori. Non stupisce allora che la Diocesi di Milano abbia voluto scegliere questo luogo come sede della veglia dei lavoratori. Centinaia i presenti, molti seguono la veglia in piedi.
«Sentiamo l’importanza – spiega don Walter Magnoni, responsabile della Pastorale diocesana sociale e del lavoro – di riunirci per pregare in un luogo di lavoro, dove quotidianamente migliaia di persone svolgono la loro attività commerciale e che è sempre più crocevia di razze e culture». Sono infatti 44 le nazioni rappresentate tra i lavoratori del mercato.
Gaspare ci lavora dal 1966 e spiega che «È una vita di sacrifici, i ritmi di lavoro non rispondono alle esigenze delle persone e delle loro famiglie. Non tutte nel tempo sono riuscite a rimanere unite». Sono molte le donne, aggiunge, «che svolgono contabilità e altre sono alla vendita, con i loro problemi di orario, soprattutto per chi deve gestire anche una famiglia», dato che il grosso del lavoro si svolge tra le 2 del mattino e mezzogiorno. Ma è anche un luogo «di solidarietà. Tra colleghi, innanzitutto. E poi circa 116 associazioni benefiche sono tesserate per acquisti a prezzo ridotto. Oppure ricevono merce in omaggio».
Massimiliano Lath racconta invece una storia personale di integrazione realizzata grazie al lavoro. 32 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio, in Italia ha trovato una professione di contabile e la vita che desiderava. Riuscendo a portare con sé, dopo 5 anni dall’emigrazione e dopo aver trovato stabilità, la moglie e la figlia di appena 3 mesi.
Alessandro e Luisa si sono trovati, come tanti, a fare i conti con la perdita del lavoro. «La più grossa difficoltà – spiega Alessandro – mia e di mia moglie è tenere unità la famiglia, con i bambini bombardati da messaggi fortemente negativi, consumistici, poco filtrati dalla scuola che, se non bastasse, delega troppo ai genitori dal punto di vista dell’insegnamento». Il Fondo Famiglia Lavoro dà un grosso aiuto, aggiunge, «è un ottimo punto di partenza per ricostruire una solidarietà concreta dove però la famiglia sia parte attiva del cambiamento». Perché «la famiglia non deve solo percepire un emolumento, necessario, utile ma limitato nel tempo. Deve essere guidata ed aiutata a un’indipendenza economica ed una dignità sociale».
Paola e Carlo, ultimi a offrire la propria testimonianza, hanno 8 figli. Fare i conti a fine mese, con le esigenze di una famiglia così numerosa, è un’operazione di equilibrismo. Senza rinunciare però mai a 3 punti fondamentali. «Dare da mangiare ai figli per consentire una buona crescita fisica e garantire loro un luogo dove vivere e un letto. Farli studiare per alimentare la loro mente ed intelligenza. Proporre loro un cammino di fede perché i loro cuori possano aderire liberamente a Gesù Cristo riconoscendo in Dio il Padre buono, l’Abbà che ci ama come suoi figli nel Figlio».
Il cardinale Angelo Scola ascolta le testimonianze e fa sintesi, partendo dalla lettura evangelica che narra la visita di Gesù a Marta e Maria (Lc. 10,38-42). «Tutta la vita è vocazione – esordisce -, perciò tutte le circostanze e tutti i rapporti possono essere vissuti ai piedi del Signore, nella relazione con Lui» sull’esempio di Maria.
Il cristiano «sa che può vivere tutto – affetti, lavoro, riposo – con questa Presenza nello sguardo. Del resto questa è un’esperienza familiare a tutti i mariti o le mogli che affrontano condizioni di lavoro a volte anche molto pesanti perché tengono presenti i loro cari».
Scola riconosce il desiderio di tutti che «Gesù diventi meno astratto nella nostra vita. Vogliamo imparare a dare del "tu" a Cristo. Ecco perché prendiamo seriamente i gravi problemi che il mondo del lavoro sta attraversando».
E ribadisce la necessità delle comunità cristiane di fondare ogni intervento sulla «Parola di Dio annunciata da Gesù che è ciò di cui ogni persona ha bisogno più che di ogni altra cosa». Ben sapendo, aggiunge, che «l’impegno quotidiano – manuale o intellettuale – per procurare di che vivere per sé e i propri cari è una delle dimensioni fondamentali della vita dell’uomo».
La conclusione, detta l’importanza del lavoro, è dedicata alla conciliazione con i tempi della famiglia. «Le tre grandi parole – ricorda – dell’incontro mondiale del giugno 2012 a Milano con Papa Benedetto XVI: famiglia, lavoro e festa». Sappiamo, aggiunge, «della necessità di politiche di aiuto, di tempi più umani che non pensino solo al singolo, sarebbe inutile, ma alla collettività. Non ve le ripeto stasera, pur riconoscendone l’importanza».
L’ultimo richiamo è alla necessità di «non separare mai la vita dalla fede. Altrimenti la Chiesa, come dice Papa Francesco, diventa una ong. Prendiamoci questo impegno – conclude rivolto ai tanti lavoratori presenti – con l’aiuto e l’intercessione di Maria. E prepariamoci alla festa del primo maggio sperando che l’Italia sappia festeggiarlo con profondità. Il nostro Paese ha bisogno di uomini e donne capaci di unità».
Alle 19 Radio Marconi manderà in onda uno "speciale" sulla Veglia e sull’intervento dell’Arcivescovo.