Sono una sessantina le famiglie del decanato Città Studi che si stanno preparando a ospitare i seminaristi della Missione vocazionale. Tra esse anche una casa famiglia chiamata «Il ricino di Giona», nel cuore del quartiere Casoretto, che ospita disabili mentali non gravi. «Ma tutto il territorio è in fermento – assicura don Marco Magnani, vicario parrocchiale a Ss. Mm. Nereo e Achilleo e responsabile della Pastorale giovanile del Decanato -, c’è aria di curiosità entusiasta, desiderio di conoscere i seminaristi e le loro storie».
Questa missione rappresenta una sfida, voi preti siete preoccupati?
No, perché sappiamo che le nostre parrocchie sono caratterizzate da tanta umanità e relazioni belle, i nostri ambienti sono accoglienti. Gli stessi seminaristi, che la settimana scorsa sono venuti ad annunciare la Missione, si sono resi conto che i nostri oratori sono frequentati, ci sono famiglie che si incontrano. Bisogna abbattere il pregiudizio che a Milano città va tutto male e che la gente non risponde, perché ha un debole senso di appartenenza alla parrocchia. Anche qui è forte il desiderio di costruire belle comunità cristiane.
Come vi state preparando all’evento?
Sotto un aspetto organizzativo, ma soprattutto da un punto di vista spirituale: stiamo cercando di trovare spazi, numeri, competenze per far capire che è un’esperienza dello spirito e che dentro le varie proposte c’è la Parola di Gesù da accogliere, una vocazione da scoprire.
Ci spiega il titolo che avete voluto dare?
“Oggi devo fermarmi a casa tua” è un versetto del Vangelo di Luca, quello che racconta l’incontro tra lo sguardo di Gesù e quello di Zaccheo. La decisione del Signore di proporsi a Zaccheo quale ospite ci è parsa inerente con la missione e coinvolgente, soprattutto per i ragazzi.
Quali gli appuntamenti cui tenete di più?
Ognuno ha il suo significato, tra i più originali c’è sicuramente quello con gli universitari, preceduto dal volantinaggio che vuole essere premessa di un incontro, al teatro Leonardo. Un momento importante per i seminaristi sarà quello all’Istituto dei tumori, dove avranno la possibilità di incontrare un rappresentante della struttura e ascoltare le testimonianze del cappellano e di un ammalato che ha superato la sua malattia. Pensiamo così che anche il nostro territorio possa consegnare ai futuri preti dei segni di speranza. A tutti auguro che sia una Missione capace di suscitare domande, più che dare risposte, che scuota le coscienze e che ci aiuti a prendere sul serio la vita.