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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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In libreria

Una riflessione sul “fine vita”

Un volume edito dalle Dehoniane raccoglie gli atti del convegno promosso dalla Diocesi nell’ottobre 2010

Consulta per la Pastorale della Salute, sezione di bioetica

7 Ottobre 2011

Il 5 maggio 1980 la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicava la dichiarazione Iura et Bona sul valore della vita umana, l’eutanasia, l’utilizzo degli analgesici e l’uso proporzionato dei mezzi terapeutici. In questi trent’anni molte cose si sono modificate e in campo medico abbiamo assistito a reali progressi nelle cure mediche, a nuovi presidi terapeutici e a tecniche sempre più sofisticate di rianimazione e di mantenimento in vita del paziente che inevitabilmente pongono nuovi interrogativi. Il “fine vita” appare sempre più bisognoso di cura e di attenzione; con il convegno tenutosi nell’ottobre 2010, la Chiesa di Milano ha desiderato offrire il suo contributo e la sua riflessione. Oggi gli atti sono stati raccolti nel volume Quale cultura per il fine vita? (Edizioni Dehoniane, 86 pagine, 6.90 euro).

Il convegno si è articolato su tre passaggi. Prima di tutto è apparso necessario delineare il contesto culturale attuale, certamente molto differente rispetto a quello del 1980, per mostrare come anche nell’odierno quadro il messaggio centrale del documento appare tutt’altro che superato o privo di rilievo.

La seconda riflessione non ha potuto non rivolgersi agli sviluppi della medicina moderna che stanno trasformando il momento della morte in un fenomeno tecnologico, prolungandolo nella fase della terminalità. La dignità del morire deve rimanere il vero obiettivo terapeutico nell’ambito dell’assistenza al malato nella fase ultima della malattia.

I due passi precedenti hanno orientato decisamente l’ultima riflessione a riguardo della persona malata e della sua tensione tra speranza e rassegnazione. Le norme morali stabilite da Iura et Bona ancora oggi restano il riferimento necessario perché ci si prenda cura della persona nella sua totalità e il morire rimanga un’esperienza profondamente umana.