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De Scalzi: «Difendiamo la festa»
Antonelli: «La logica del dono»

Nella terza e ultima giornata del Congresso l'intervento del presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012 e del presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Le relazioni di Blanca Castilla e del cardinale O'Malley

di Luisa BOVE

1 Giugno 2012
Sessione plenaria, venerdì 1 giugno, del Congresso Internazionale teologico pastorale

Panoramica della sala

La terza e ultima mattinata di Congresso teologico pastorale si è aperta con una breve riflessione di mons. Erminio De Scalzi, presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012. La sessione di oggi è interamente dedicata al tema della festa. «Già avere un buon lavoro – esordisce mons. De Scalzi – è motivo per fare festa». Pensa in particolare ai giovani che con un’occupazione «possono crearsi una famiglia e avere una casa».

«Ma che cos’è la festa?», si chiede il presidente. Nella società occidentale si parla più di divertimento che di festa. «L’uomo moderno ha creato il tempo libero, ma ha perso il senso della festa, ma i cristiani devono dire qualcosa di molto chiaro al mondo». E ancora: «La festa ricorda a tutti i cristiani e a tutta la società che esiste un tempo non commerciale, non commerciabile».

Chi educa alla festa è sempre la famiglia «quando insieme partecipa alla Messa domenicale». Oggi, assicura mons. De Scalzi, «sono ancora tante»: il padre si presenta a fare la comunione insieme al figlio più grande e la madre segue con in braccio il più piccolo.

È chiaro quindi che «il cristiano quando parla di festa, parla innanzitutto di domenica». La vita di una parrocchia ha il suo centro nel giorno del Signore e nell’Eucaristia, la Chiesa infatti custodisce così la fede del suo popolo. «L’economia – ha concluso – avrà pure le sue ragioni sul tema della festa, ma occorre difenderla come giorno che salva la nostra umanità, libera risorse di socialità e riunisce la famiglia rigenerandola. La domenica non ha prezzo».

Castilla: «Il focolare della famiglia è il luogo della festa»

«Viviamo in un momento storico che può aiutarci a riscoprire la struttura della famiglia e l’appartenenza a una genealogia. Ogni persona è un dono prima di tutto per se stessa e un dono per gli altri». Da questo assunto ha preso spunto la relazione di Blanca Castilla de Cortàzar, teologa e antropologa che insegna al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Madrid. Nella sua relazione su “La famiglia e la festa tra antropologia e fede”, la docente ha ricordato la peculiare struttura della famiglia, aperta alla relazione e alla pienezza per rappresentare nell’unità della coppia anche l’unità della divina Trinità. Per la famiglia l’esperienza della festa è esperienza di un tempo molto speciale: «Parte dell’emozione della festa è desiderarla, aspettarla e prepararla. Diciamo che essere in festa si apprende, la festa non si improvvisa come non si improvvisa essere amici. La festa è un ingrediente per creare legami che uniscono le persone che diventano parte della nostra vita». Nel focolare della famiglia, «la festa – ha concluso Castilla – è un giorno speciale, dove c’è posto per la contemplazione, l’adorazione, la gratitudine, come è la domenica».

O’Malley: «Non andare a Messa è come smettere di respirare»

Un intervento ricco di ricordi e di riflessioni  quello dell’arcivescovo di Boston, il cardinale Sean O’Malley, che ha posto radici profonde sul grande significato della festa, del giorno del Signore, della domenica come “piccola Pasqua”. Ha insistito molto sull’importanza della testimonianza: «Nel nuovo millennio, l’ordinaria amministrazione non è più sufficiente. Dobbiamo diventare  una squadra di missionari, passando dalla semplice amministrazione alla missione».

Parla di società individualista, citando gli americani, che «trascorrono sempre più tempo da soli, mangiando da soli, vivendo soli, spendendo ore da soli di fronte alla televisione o al computer». La domenica, secondo l’Arcivescovo «è diventata semplicemente parte di un fine settimana», eppure non può essere considerato «tempo di semplice riposo o di evasione». Va rimessa al centro l’Eucaristia: «Ci preme molto avere le migliori prediche e la miglior musica per la liturgia. Tutti vogliamo che la messa sia celebrata con dignità e bellezza. Ci preme molto che la gente capisca il significato dei riti e la ricca storia della nostra tradizione. Ma tutto questo non è sufficiente. Abbiamo bisogno di insegnare alla gente come pregare, allora la messa avrà senso. Allora cominceremo a penetrare il mistero. Senza l’Eucarestia della domenica noi perdiamo la nostra identità». Ma certo le comunità devono diventare più accoglienti.

Il cardinal O’Malley invita i genitori ad essere i primi catechisti dei loro figli, ad andare a Messa insieme, magari arrivando in anticipo, a pregare in famiglia (la sera e prima dei pasti), ma anche a vivere il sacramento della riconciliazione, così da essere di esempio per i figli, specie gli adolescenti, che ne hanno più bisogno.

«La nostra celebrazione dell’Eucarestia, il sacrificio della Messa è, per noi cattolici, un pasto familiare. È lì che noi facciamo esperienza dell’amore di Dio e impariamo la nostra identità; chi siamo, perché siamo al mondo e che cosa fare della nostra vita. Non andare a messa è come smettere di respirare, respirare la vita del Corpo di Cristo». L’Arcivescovo è convinto che i cristiani devono osare di più e «trovare il coraggio di dire a un amico o un conoscente: “Vuoi venire a messa con me domenica?”», perché «ci sono molte persone che aspettano solo un invito».

Antonelli: «Famiglia prima aspirazione della gente»

A concludere i lavori del mattino, l’intervento del cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. Antonelli ha evidenziato che il tema “La famiglia: il lavoro e la festa” è stato trattato in una prospettiva prevalentemente antropologica, secondo l’ispirazione della Genesi riguardo ai tre nuclei tematici, «tre beni che si realizzano nella relazione con gli altri e con Dio». Questa relazionalità è da valorizzare: «Gli altri non vanno guardati come rivali da sovrastare e utilizzare, ma come alleati con i quali aiutarsi, per crescere insieme. Non è lecito ridurli a strumento. Sono un bene in se stessi e meritano di essere rispettati, amati e valorizzati». Nell’attuale contesto «in cui la persona è ridotta a individuo, la società a gioco d’interessi, la felicità a piacere, la verità a opinione, anche la famiglia, il lavoro e la festa subiscono riduzioni e distorsioni». Tutte le dimensioni della vita «devono essere plasmate dall’amore». Secondo il cardinale Antonelli, «non solo nella famiglia e nella festa, ma anche nel lavoro e nell’economia deve prevalere la logica del dono, integrando utilità e gratuità, bene strumentale e bene voluto per se stesso».

Nella riflessione del cardinale Antonelli, «la famiglia è un fenomeno universale nella storia del genere umano». A parte variazioni accidentali, «ha una struttura permanente, costituita dal rapporto tra i due sessi, legame uomo-donna, e dal rapporto tra le due generazioni, legame genitori-figli». Anche oggi, secondo le indagini statistiche, «la famiglia costituita da una coppia stabile con figli, è al primo posto nelle aspirazioni della gente, seguita al secondo posto dal lavoro». La famiglia autentica «comporta la donazione totale reciproca dei coniugi e la loro comune donazione ai figli mediante la procreazione, la cura e l’educazione» e permette lo sviluppo di «legami non solo affettivi, ma anche etici».

Il cardinale Antonelli ha concluso la sua sintesi con un auspicio: «La cultura individualista, utilitarista, consumista, relativista ha impoverito le relazioni umane e ha compromesso la fiducia tra le persone; ha provocato la crisi dell’economia, del lavoro e della famiglia. La riscoperta dell’uomo come soggetto essenzialmente relazionale e la cura per la buona qualità delle relazioni porteranno al superamento della crisi del lavoro e della famiglia. La crisi fa emergere il malessere latente da tempo e apre prospettive nuove».

Con la preghiera oltre l’individualismo

«Bisogna insegnare alle persone a pregare, insieme», aiutando la famiglia «a scoprire l’importanza di essere famiglia, anche nel contesto dell’Eucarestia». Lo ha dichiarato oggi alla conferenza stampa di chiusura della mattinata il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston e presidente della Commissione attività Pro-Vita. «Nei Paesi occidentali - ha proseguito il Cardinale - siamo ormai dipendenti dal divertimento, così la gente va in chiesa chiedendo di essere divertita. Dall’altra parte ci scontriamo con una cultura altamente individualistica, anche nel modo di pregare. Da qui la diffusione di pratiche come la new age». Per questo, «dobbiamo essere insieme nella Chiesa e preparare le famiglie all’incontro».
Sul tema dell’individualismo è tornato anche l’Abbé Barthélémy Adoukonou, segretario generale della Conferenza episcopale dell’Africa occidentale francofona. «Nella nostra cultura - ha spiegato il vescovo del Benin - la festa più importante è la festa che raduna tutti i membri della parentela nella memoria ancestrale. Il culto degli antenati diventa così il luogo di incontro tra la Chiesa e l’Africa tradizionale. Voi europei in cui la famiglia è uscita dalla parentela, nel senso dell’individualismo, dovreste riscoprire questa dimensione della festa come incontro tra generazioni».