Hanno scelto di trascorrere un sabato diverso i giovani che ieri sera hanno partecipato alla Veglia “in Traditione Symboli” affollando il Duomo. Raccolti intorno all’Arcivescovo hanno rivissuto l’antico rito della consegna del Credo rinnovando ancora una volta la loro fede nel Signore. Oltre al cardinale Angelo Scola altri preti erano presenti sull’altare, in particolare mons. Severino Pagani e don Maurizio Tremolada del Servizio giovani e don Paolo Sartor del Catecumenato.
Una Veglia ben preparata e animata dal Gruppo Shekinah che ha accompagnato con canti e musiche la serata ricca di testi suggestivi e profondi che lo stesso Arcivescovo ha raccomandato ai giovani di tornare a leggere e a meditare anche nei prossimi giorni. A fare da sfondo il VII Incontro mondiale delle famiglie che coinvolgerà anche i giovani, per questo non sono mancati i riferimenti al tema del lavoro, della festa e del riposo che riguardano anche loro.
Il titolo della Veglia “E la casa si riempì di profumo” riprende un versetto di un brano del Vangelo di Giovanni che ha come protagonista Maria e come antagonista Giuda, ha detto Scola. Nel testo è descritto il gesto delicato di Maria che cosparge di profumo i piedi di Gesù e l’affermazione di Giuda Iscariota che lo considera uno spreco. L’Arcivescovo, prendendo la parola, non solo ha commentato il testo dell’evangelista, ma anche alcuni scritti riproposti ai giovani durante la Veglia: dalle Confessioni di sant’Agostino a Le città invisibili di Calvino fino al Faust di Goethe. Il Cardinale ha parlato ai ragazzi della «logica della gratuità» di Maria, mettendoli in guardia da quella opposta di «calcolo» o del «tornaconto», in cui spesso si cade, anche inconsapevolmente, soprattutto nei rapporti con gli altri. È tornato sul vero significato di “gratuità”, che rimanda a «un’azione compiuta consapevolmente per la sua bellezza, verità e bontà».
«La logica del calcolo invece è sempre un furto», ha insistito il Cardinale, «e ciò che si ruba è la dignità, perché riduce l’altro a mezzo, strumento del proprio soddisfacimento e piacere». Certo, anche per parlare dell’amore di Dio, occorre partire dalla propria esperienza di amore, ma occorre riconoscere l’importanza di «un ordine degli affetti, ma siccome siamo fragili, abbiamo bisogno di punti di appoggio». In altre occasioni l’Arcivescovo ha parlato espressamente di “castità”, una parola a volte fa paura.
Quello di oggi, ha assicurato il cardinale Scola, «è un tempo di avventura» in cui bisogna «reagire», «non rassegnarsi», «non accontentarsi». E ha aggiunto: «Voi avete bisogno di certezze del lavoro, ma anche delle certezze del cuore e della mente». Occorre quindi «distaccarsi da sé, portando l’Altro nella relazione con gli altri».
Al termine dell’omelia l’Arcivescovo ha invitato i giovani a inginocchiarsi davanti al crocifisso posto accanto all’altare e a contemplarlo con fede. Quindi ha concluso: «Guardate al vostro futuro con speranza, perché siete ben radicati nel presente. Pensate con gioia al vostro futuro e invocate l’eccedenza del gratuito. Applicatevi con serietà, lavorate con impegno, vivete il riposo e gli affetti in modo ordinato».
In silenzio e con grande attenzione i giovani hanno ascoltato le parole dell’Arcivescovo, fratello maggiore nella fede, che poco dopo ha consegnato il Credo a una rappresentanza di ragazzi e a un gruppo di catecumeni (in tutto oggi in Diocesi ce ne sono 150) dicendo: «Ricevete le parole della fede con cui rinascerete a nuova vita in Dio. Sono poche parole, ma contengono grandi misteri. Accoglietele e conservatele con cuore sincero». Un gesto semplice, ma carico di significato, con l’invito a diventare testimoni della Parola ricevuta. E prima di lasciare il Duomo l’Arcivescovo ha ricordato ai ragazzi che «tutti cercano Dio, ma hanno bisogno che qualcuno lo documenti».