«Un tempo privilegiato». Così monsignor Peppino Maffi definisce gli otto anni trascorsi in Seminario come Rettore maggiore. Dal prossimo 1° settembre l’incarico passerà a don Michele Di Tolve, un sacerdote amico, al quale augura di avere «l’umiltà dell’ingresso». Per Maffi si chiude così un’esperienza significativa della propria vita e, riavvolgendo il filo dei ricordi, gli occhi si fanno lucidi e il cuore gli si riempie di gratitudine.
Monsignor Maffi, è nell’ordine delle cose questa alternanza di Rettori?
«Direi di sì, io sono ormai prossimo ai settant’anni e penso che, per stare accanto ai giovani, ci voglia una certa vicinanza d’età».
Anche se continuerà a prendersi cura dei preti nei loro primi anni di ordinazione.
«Sì, l’Arcivescovo mi ha chiesto di occuparmi dei presbiteri del secondo quinquennio dell’Ismi, l’Istituto Sacerdotale Maria Immacolata. Risiederò a Gazzada, presso Villa Cagnola, ma mi muoverò spesso sul territorio della Diocesi per stare accanto ai giovani preti, nelle comunità dove operano e vivono. Li accompagnerò e seguirò nel loro percorso, insieme all’équipe della Formazione permanente del clero. Inoltre, al sabato e alla domenica, sarò al servizio in una parrocchia che mi verrà affidata».
Con quali sentimenti lascia l’incarico di Rettore del Seminario, forse il più difficile del suo ministero?
«Più che difficile è stato un compito molto delicato, perché devi arrivare a scegliere sulla vita di un altro, ma dai seminaristi ho ricevuto molto più di quel che ho dato. In questi anni dai giovani ho imparato tanto, soprattutto dal punto di vista della preghiera e da alcune loro riflessioni che mi hanno interrogato, stimolato e messo in discussione. E poi ho imparato tanto dalla loro freschezza e onestà nei miei confronti. Si è lavorato bene, anche se a volte qualche difficoltà di relazione non è mancata. Ma è normale: nella relazione educativa bisogna crescere insieme, poco alla volta, per questo ci vuole pazienza. Lo sanno bene i papà e le mamme!».
Dovendo fare un bilancio, quali i ricordi più belli?
«Non ne ho alcuni in particolare. Quello trascorso in Seminario è stato un bel periodo della mia vita, un tempo privilegiato, perché ho condiviso la mia quotidianità con persone giovani, dalle attese grandi. Ho instaurato rapporti belli sia con i seminaristi, che con i preti della comunità. Ma poiché penso che si cresca insieme, a qualunque età, credo di poter trovare altrettanti stimoli nel nuovo incarico».
Come avverrà il passaggio di consegne?
«Con don Di Tolve ci conosciamo e siamo amici. Abbiamo già fissato un calendario di incontri per passargli quello che so e che è necessario che anche lui sappia. Se poi in futuro vorrà chiedermi qualche consiglio o delucidazione, lo farò volentieri, anche se in Seminario potrà contare sul vicerettore, don Davide Milanesi, che stimo molto».
Oggi che l’attenzione per il Seminario è ancora più urgente, cosa augura al suo successore?
«Premetto che riconosco a don Michele un grande desiderio di lavorare e farlo bene: è una sua dote. Detto questo, gli auguro di avere l’umiltà dell’ingresso, perché anche per lui si tratterà di aprire una pagina nuova, con molte cose da imparare e vivere sulla propria pelle. Per questo è importante cercare da subito un rapporto serio e onesto con i seminaristi, con gli educatori e con i docenti».