Potremmo dire che il cuore del nostro pellegrinaggio l’abbiamo vissuto proprio nel quartiere che ha conosciuto il ministero del sacerdote Pino Puglisi. Lo sguardo è quello curioso di chi si aggirava ieri tra le vie di Brancaccio: non solo il nostro, ma anche quello delle persone incontrate nelle strade, sui balconi, nei cortili. Lo sguardo di chi ha vissuto in qualche ora la vicenda di Puglisi, dal cortile dove è nato fino al luogo del martirio, da quelle case dove la povertà è ancora attuale fino a quella «casa tra le case» che è la chiesa parrocchiale dove la voce di padre Pino ha risuonato e risuona ancora nelle persone che portano avanti la sua testimonianza.
Ecco la terra: quella dove Puglisi ha annunciato il Vangelo, bagnata dal sangue del martire, ma anche quella dove i giovani che abbiamo incontrato cercano di dare un segno di speranza e di riscatto. Una terra dove, quasi in una Via Crucis, abbiamo sostato per conoscere e per cercare di entrare nelle tante domande e nelle contraddizioni che abbiamo incontrato.
E poi il martirio: non solo quello di don Pino, ma anche quello che viene chiesto a noi ogni giorno dentro la vita quotidiana. «È necessario contestare e scardinare questa mentalità… Bisogna contestarla con la forza della Parola di Dio e sostituirla con autentici valori che la Parola di Dio ci propone»: così scriveva padre Puglisi, richiamando la potenza che il Vangelo racchiude in sé.
Custodiamo nel cuore non più solo il nome di uno dei tanti quartieri saliti agli onori della cronaca per fatti mafiosi e criminali, ma il volto di tante persone che vogliono seminare speranza, che prendono sul serio l’esigenza del Vangelo e che cercano di attuare quanto don Pino diceva: «Gioia è saperci sempre consolati da Dio, è la sicurezza di essere nelle braccia di un padre, è saperci vicini a un amico che ci guarda sempre sorridente e non ci abbandona mai».
E che il sorriso di padre Puglisi possa diventare sempre più nostro.