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Trezzano sul Naviglio

Scola: «La santità come insegna santa Gianna Beretta Molla, è stile quotidiano di vita»

Il cardinale Scola ha presieduto la Liturgia della Dedicazione della chiesa intitolata a Santa Gianna Beretta Molla, a Trezzano sul Naviglio. Questa donna, madre, medico sia esempio di un amore autentico capace di sacrificio e di testimonianza, ha detto l’Arcivescovo

di Annamaria BRACCINI

25 Aprile 2015

«Oggi la fede degli Apostoli ci ha convocato qui. In ogni pietra di questo edificio palpita la nostra Comunità. Siamo tante persone diverse, ma una sola famiglia e ci vogliamo bene. Le chiediamo di santificarci con la preghiera e di farci divenire pietre vive, un edificio di carne, come lo fu santa Gianna Beretta Molla». Davvero, attraverso le parole di benvenuto del parroco, don Franco Colombini, è la chiesa di pietre e marmo, bella e dalle moderne linee eleganti, ma soprattutto la chiesa che vive, a farsi presente, quando il cardinale Scola arriva in questo angolo di Trezzano sul Naviglio, zona sesta della Diocesi, tra i palazzi tipici delle periferie urbane e la grazia di un panorama tutto lombardo, qui non del tutto distrutto,

L’occasione è bella e importante – anzi unica – perché l’Arcivescovo presiede la liturgia della dedicazione della chiesa intitolata, appunto, a Santa Gianna Beretta Molla.

Il tempio è gremito: si apre la grande porta d’oro da cui il Cardinale entra accompagnato dai diciassette concelebranti, tra cui il vescovo ausiliare, don Luigi Stucchi, il vicario di Zona, don Piero Cresseri, il rettore del Santuario Diocesano della Famiglia, anch’esso dedicato a Santa Gianna, monsignor Paolo Masperi e il decano, don Luigi Caldera. Nelle prime file ci sono i tre figli della Santa, i nipoti, la sorella di Gianna, suor Virginia, le autorità con il sindaco Fabio Bottero.

La consegna simbolica della chiave del nuovo tempio, la benedizione dell’acqua al Battistero, con cui il Vescovo benedice il popolo, l’inaugurazione dell’ambone – mensa della Parola – segnano l’inizio di questa Celebrazione attesa dal 9 ottobre 2010, allorché la prima pietra dell’edificio fu posta dal cardinale Tettamanzi cui si deve anche la decisione di dedicarlo a Santa Gianna.

A tutti, molti i giovani e i piccoli, si rivolge l’Arcivescovo, che dice: «Questa straordinaria Celebrazione mi rende pieno di commozione per l’avvenimento di oggi che è di portata storica e da vivere anche con sacrificio, perché alla fine di questa Eucaristia la nostra gioia sia piena. Il Signore venuto tra noi, morto e risorto, è il fattore chiave, l’elemento decisivo della storia, indipendentemente da noi uomini che seppelliamo nella dimenticanza e nell’oblio questo grande dono».

Dalla dal Libro di Neémia, «che descrive qualcosa di molto simile a ciò che stiamo vivendo», è la prima consegna lasciata ai fedeli: «La potenza del Signore gioioso diventi la forza per entrare tutti i giorni nell’esperienza reale fatta anche di travaglio: pensiamo alla crisi economico finanziaria e a tragedie come il miliardo di persone che non hanno nemmeno il minimo per la sopravvivenza».

Realtà per cui Expo – si augura Scola – sia un’occasione, attraverso la riflessione del convegno che riunirà, il 19 maggio, le 164 Caritas di ogni parte del mondo aderenti a Caritas Intenationalis. L’esigenza è quella di creare vita buona anche a livello civile. «Cosa sarebbe la grande fascia della periferia, che deve ritrovare una sua dimensione e rilancio, se il beato Paolo VI non avesse voluto le chiese, questi luoghi di presenza articolata costruttrici di vita buona?», si chiede Scola.

«Questa periferia che aspetta ancora di essere coinvolta nella crescita di Milano, metropoli che deve essere degna di una straordinaria tradizione, chiede di essere tale tipo di costruttori», aggiunge.

Il pensiero è, allora, tutto per santa Gianna: «La santità non è qualcosa del passato, ma è uno stile possibile, che sempre che si può praticare nella quotidianità dell’esistenza, nella vita di tutti i giorni, ciò è necessario perché l’Europa rinasca. Il compito dei cristiani, perché l’Eucaristia sia una sorgente vitale, capace di attraversare la realtà, è comprendere, vivere e mostrare voglia dire la bellezza della nostra fede. Una donna, una madre, un medico, come Gianna, che ha capito il grande segreto dell’amore come sacrificio, ci permetta di fare “un salto di qualità”, affinché i giovani comprendano cosa significa amare, costruendo una famiglia nell’ottica della parentela che Gesù inaugura. Dobbiamo invocare da Lui la protezione su tutte le famiglie e le persone che qui vivono, dobbiamo mirare alla certezza che il Vangelo oggi ci ha dato. Nessuno andrà perduto: questo deve consolarci perché ognuno è tenuto nella mano del Padre».

Insomma, mettere in gioco i nostri rapporti in famiglia e nella società è l’augurio, prima della suggestiva liturgia di dedicazione – anche con il “fuoriprogramma” di un improvvisato canto etnico delle suore di colore “Ancelle del Santo Bambino Gesù” – , e dei tanti doni all’altare, tra cui una generosa offerta per chi si trova in difficoltà lavorativa.

«La storia della salvezza avviene oggi qui e ora, nelle periferie dove viviamo. Pensate che sono solo tre le nuove chiese in costruzione, perciò il dono che vi è stato fatto è veramente straordinario, ma le pietre vive siete voi e dovete portare questa bella esperienza di oggi nella vita, con un’attenzione specifica all’educazione dei giovani e alla famiglia come fattore costruttivo della Chiesa e della società». Perché, loro e tutti noi, in uno spirito di formazione reciproca e crescita culturale – «su cui occorre insistere continuamente» – si impari ad amare.

 

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