«Comunicate, anche a chi ha perso la strada di casa, la bellezza, la bontà e la verità di seguire Gesù, vivendo compiutamente l’uomo e l’oggi. Questo è il compito che vi lascia l’Arcivescovo».
Dice così il cardinale Scola ai moltissimi fedeli riuniti nel teatro della parrocchia di san Giuliano a Cologno Monzese per la Celebrazione da lui presieduta, in occasione dei 440 anni della fondazione della parrocchia, voluta da san Carlo Borromeo.
Nel teatro parrocchiale – la chiesa, antica nella sua struttura originaria e semplice, non avrebbe potuto accogliere tutti e il tempo ha costretto a rinunciare alla bella cornice, all’aperto, offerta dal panorama naturale – ci sono le autorità, il vicesindaco di Cologno e il sindaco di Vimodrone (le due realtà civiche comprese nel Decanato) con i membri delle Giunte, la Tenenza di Carabinieri, il Comandante dei Vigili delle due cittadine, i rappresentanti delle Associazioni e dei Gruppi.
Appena arrivato, il Cardinale incontra brevemente i ragazzi che da circa un mese hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione. «Le assicuriamo il nostro ricordo e le chiediamo di pregare per il cammino di preadolescenti. che inizieremo», spiegano i cresimati, donando una sorta di piccolo “tableau” del loro gruppo. «Un pensiero delicato, il vostro – risponde il Cardinale –, ricordate che avete iniziato a conoscere il Signore e ora dovete continuare, costruendo una bella comunità, perché abbiamo in comune Gesù stesso».
Poi, la Celebrazione eucaristica, al cui avvio, il parroco, don Gianfranco Macor, nota: «Vogliamo vivere più fedelmente la vocazione a comprendere che Cristo risorto è la speranza di ogni uomo, accettando così le sfide che il mondo ci impone. Oggi la sua presenza ci ricorda come anche san Carlo, fondando San Giuliano e San Remigio (a Vimodrone) volesse questo». Accanto al parroco, concelebrano i suoi collaboratori pastorali, il vicario di Zona don Piero Cresseri (che proprio in questa parrocchia ha conferito ai ragazzi la Cresima), il decano, don Giuseppe Massaro.
«La liturgia di oggi è significativa e attuale, perché ha molto a che fare con il cambiamento radicale, nello stile di vita dell’uomo, che stiamo affrontando», sottolinea Scola, aprendo l’omelia. Un mutamento di epoca che registra «modalità inedite che ci toccano da vicino eche mai si erano presentate nella storia, basti riflettere a come l’uomo più agire sul suo patrimonio genetico e sul cervello; alla rete, alla migrazione, alla crisi economica dalla quale non siamo ancora del tutto usciti e di cui si subiscono le conseguenze anche qui», continua.
«Siamo immersi in una problematica per cui si è parlato, dopo la caduta dei Muri, di post-modernità che significa una fase nuova tale che la sappiamo definire solo in rapporto a quella precedente, appunto della modernità».
Ma in che modo vedere l’attualità della Parola di Dio proposta nel brano del Genesi , relativo al peccato originale e risalente a più di tremila anni fa?.
Chiara la risposta dell’Arcivescovo: «il problema è quello dell’ordine creato da Dio – che non va sicuramente contro la teoria dell’evoluzione, se rettamente intesa – e la differenza tra bene e male, la prima contrapposizione tra il “nero” della consumazione del male e la sovranità delicata e tenera di Dio»
Per questo la domanda di sempre, “Adamo dove sei?”, è riferita anche a noi oggi, noi che spesso ci allontaniamo e abbiamo la tentazione di fingerci Dio, di avere in mano del tutto la nostra esistenza, il presente e il futuro; noi che rischiamo un fare che non rispetta la capacità di sentirci dipendenti dalla Sua volontà».
Tentazione – questa – che porta a quell’individualismo che è sotto gli occhi di tutti con la sua forma più estrema, il narcisismo, «per cui l’altro ci sta sempre a lato».
Tra lo “scaricabarile”, cosa anch’essa, peraltro, molto di moda oggi, utile a non addossarsi la colpa di aver mangiato il frutto proibito, e l’evidenza di come sarà il quotidiano da quel giorno in poi, è la storia dell’uomo che si dispiega, infatti, nella pagina di Genesi 3. Storia di dolore e di sudore, di polvere e di dominio dell’uomo sulla donna. «Eppure il Signore non toglie del tutto la sua vicinanza», scandisce il Cardinale, in riferimento alla splendida espressione della Lettera ai Romani di Paolo, appena ascoltata nella seconda Lettura, “Dove abbondò il peccato, abbondò la Grazia”. «La Grazia è Gesù che ci abbraccia ad uno ad uno amandoci come popolo, comunità e personalmente. Dio, pieno di tenerezza, viene a riprenderci anche se ci siamo allontanati». Ma a una condizione, ben rappresentata dalla figura, «troppo spesso dimenticata», di san Giuseppe.
«Come lui, che pure ardeva nell’attesa del Messia, ma dice il suo “sì”, diventando obbediente, così dobbiamo fare anche noi. Non dobbiamo temere il nostro peccato, la sofferenza: pensiamo agli uomini delle religioni, ai cristiani martirizzati in tante parti del mondo, ai più di 1500 focolai di guerra, alla tragedia che si sta consumando nel mare nostrum, che sta divenendo un cimitero soprattutto per i bambini, pensiamo anche alla sofferenza delle nostre famiglie. Eppure, in tutto questo, il passeggio di Dio nel giardino dell’Eden diventa l’abbraccio del Crocifisso, per cui la consolazione che la Chiesa ci offre è l’esperienza del perdono. Comunicate la bellezza, la bontà e la verità di seguire Gesù vivendo compiutamente l’uomo».
Infine, dopo la tradizionale e pluricentenaria offerta del cero pasquale, durante la presentazione dei doni, portato tra le mani dal sindaco di Vimodrone, ancora qualche raccomandazione.
«Avete una grande tradizione che fa un poco fatica a ringiovanire. Impegnatevi, proseguite nel progetto educativo, inserendo la prospettiva cristiana in ogni ambiente frequentato dai ragazzi; è bello che cresca la collaborazione dei laici e dei gruppi che può ulteriormente incrementarsi».
Il richiamo è a coltivare lo «stile evangelico della comunità con un’attenzione all’educarsi al pensiero di Cristo – il Cardinale ricorda la recente Visita pastorale al Decanato svoltasi il 7 aprile scorso, proprio per sensibilizzare a tale tema –, a mettere tutto l’impegno per essere veramente in grado di generare una comunità educante a tutti i livelli, condividendo il bisogno, non resistendo al progetto di Dio ed essendo autenticamente missionari.
«Agli adulti chiedo di essere soggetti attivi di Chiesa, specie nel luogo primo di evangelizzazione che è la famiglia quando giudica prove e gioie alla luce del riferimento normale a Gesù. Ai giovani, dalla prima media in su, dico: imparate a capire cosa sia l’amore preparandovi ognuno alla propria vocazione in senso specifico, il matrimonio o anche la consacrazione a Dio. Se fosse così, cercate di capire cosa vuole dire. È importante, perché l’inclinazione di darsi intermante al Signore può manifestarsi anche molto presto».