Un Polo museale che, con la bellezza delle opere d’arte e le diverse espressioni del sacro, intende trasmettere la fede, la Bellezza – con la “B” maiuscola – che salva. La Dedicazione del Museo diocesano di Milano al cardinale Carlo Maria Martini, che tenacemente lo volle, inaugurandolo alla presenza dell’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, è stato, oltre che un momento di memoria grata e dovuta, anche questo: ribadire la logica per la quale il cardinale Martini (che proprio oggi avrebbe compiuto 90 anni) lo istituì e che ne guida ora le scelte.
Come si sottolinea, dopo lo scoprimento della targa marmorea da parte dell’Arcivescovo, cui è accanto la sorella di Martini, Maris. E se, nell’orazione per la dedicazione, le parole che usa l’attuale Arcivescovo sono le stesse che l’allora Pastore ambrosiano utilizzò in occasione dell’inaugurazione del 2001, nel successivo intervento è sempre il cardinale Scola a definire il senso preciso dell’iniziativa e del Museo stesso: «Lungo la storia, la Chiesa ha reso testimonianza al senso dell’Incarnazione, cuore del Mistero cristiano, Dio che decide di abitare corporalmente tra noi, accettando così di entrare nel reale rendendosi accessibile a ogni donna e uomo. L’abbraccio di Cristo all’umanità di ogni tempo e luogo ricomprende ogni forma di arte autentica, anche contemporanea con i suoi linguaggi e l’acuta sensibilità all’umano travaglio presente. L’attenzione che il cardinale Martini ha riservato al tema dell’arte dà ragione anche a tutto ciò che ha fatto e ha scritto per il Museo. È sempre intervenuto a ogni mostra e lo ha inaugurato definendolo “luogo di fede e di umanità… Aveva chiesto che fosse un impegno condiviso da tutta la Diocesi e che nascesse con i tratti all’altezza della storia e della tradizione ambrosiana. Ha indicato il Museo come strumento nuovo, capace, nella sua specificità artistica e culturale, di educare visitatori alla fede o di farli crescere in essa mettendoli a contatto con le ricchezze spirituali segnate dalla bellezza». Insomma, «un’iniziativa culturale con un fine pastorale e salvifico che espone oggetti e opere per trasmettere senso, cioè una direzione e un significato di vita, sopratutto ai più giovani», conclude Scola, «invitando tutti i ragazzi dell’Iniziazione cristiana a visitare il Museo».
Questo il ruolo fondamentale del Diocesano, come dice anche Ugo Pavanello, presidente della Fondazione Sant’Ambrogio: «La bellezza che salva: in questa prospettiva è in atto il progetto “Chiostri di Sant’Eustorgio”. In tale contesto, che comprende la Basilica omonima, la Cappella Portinari e gli scavi della sottostante area del cimitero paleocristiano, il Museo conferma il suo duplice ruolo: custodire e salvaguardare le opere del patrimonio diocesano, con l’obiettivo della loro conservazione, ma soprattutto essere uno degli strumenti di trasmissione del Vangelo». Anche il posizionamento della targa (donata dalla Veneranda Fabbrica del Duomo) nel passaggio tra la Basilica e l’ingresso del Museo, in uno dei portici del secondo chiostro, indica la significatività del Polo.
Tante le persone che non hanno voluto mancare all’evento della dedicazione seguito da un incontro nella Sala dell’Arciconfraterrnita. La Vicesindaco Anna Scavuzzo, con la fascia tricolore, parla di «esperienza condivisa dell’attività del cardinale Martini con percorsi di discernimento dalle radici profonde. In un regalo che idealmente consegniamo alla città, sia il nostro modo per guardare al futuro, costruendo insieme quella dimensione, laica e religiosa, tipica ambrosiana che fa così grande la nostra città. Oggi diamo un nuovo inizio e in questo solco credo che abbiamo bisogno di tanti nuovi compagni di viaggio capaci di condividere questo lessico».
Poi è la volta del presidente della Regione Roberto Maroni – in prima fila ci sono anche il sottosegretario alla Presidenza Cioppa e il presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo – che osserva: «Carlo Maria Martini è stato una guida in un periodo travagliato. Senza il suo pensiero limpido, il suo impegno per il bene comune e di dialogo con tutte le anime della città, anche laica, Milano probabilmente non sarebbe quella che è, la città da cui l’Italia può e deve ripartire. Con attenzione premurosa ai bisogni di educazione, di welfare, di giustizia sociale si impegnava per dare risposte concrete. Solo rispondendo in maniera efficace a un bisogno, le Istituzioni possono essere vicine ai cittadini e riaffermare la loro utilità sociale. Martini fu un pensatore moderno e un grande uomo di cultura».
Nadia Righi, Conservatrice del Museo, da parte sua, illustra la vicenda storico-artistica della magnifica opera del Bergognone San Francesco riceve le stimmate, proveniente dalla soppressa chiesa di San Francesco Grande dei Francescani conventuali, sita dove oggi è la caserma di fronte all’Università Cattolica. Fu lo stesso Cardinale, che la possedeva, a donarla personalmente al nascente Museo diocesano, che per monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, «è l’esito di un processo e l’avvio di una promessa, uno spazio per introdurre ed educare all’esperienza del buono e del vero, cioè all’incontro con Dio. La Diocesi – scandisce il Vicario – non soltanto si augura, ma intende operare perché il Museo e la realtà di suoi Chiostri possano ridurre in azione le intuizioni del Cardinale». Ma come avvicinarsi all’esperienza antropologica che avvicina alla bellezza di Dio, educando al “bello” dell’arte? In tre momenti: «Con un percorso di ascesi e di purificazione; con una sosta contemplativa, il momento della stupore della bellezza che salva, scoprendone le tracce nel mondo; e, poi, attraverso il momento di discesa, tornando al nostro quotidiano per portare energie di guarigione». Da qui il compito del Museo: «Custodire e riproporre la bellezza che salva, come palestra in cui apprendere una simile grammatica educativa. Milano è una città artistica che custodisce e propone molte esperienze di bellezza. Il Museo qui intende continuare con lo stile di confronto e di dialogo».