«Ripensare la grammatica dell’umano». Questo imperativo, questo dovere che si impone da sé, non per calcoli politici o in seguito a gruppi di pressione, ma grazie all’apparire alla nostra coscienza del bene che tutti vogliamo per la nostra società, per gli uomini, per le nuove generazioni, è stato richiamato e declinato in modo esemplare dal nostro Arcivescovo qualche giorno fa, nel suo articolato discorso al Consiglio e alla Giunta della Regione Lombardia.
Questo imperativo può essere assunto come la regola che ci permette di cogliere il significato peculiare che assume in questo anno pastorale la Giornata per la solidarietà. La solidarietà – questa virtù cristiana, ma non solo – si presenta infatti in tutta la sua urgenza. Come ci ricordava il nostro Arcivescovo nella Lettera pastorale, declinando una delle tre dimensioni che ci aiutano a leggere il mondo – quella del lavoro – «oggi la situazione del lavoro è talmente drammatica da scoraggiare ogni discorso che non parta dalla denuncia e dalla protesta. E l’allarme è pienamente motivato. La giustizia ci impone di cercare indomabilmente scelte politiche e interventi legislativi tesi a favorire una ripresa economica che offra prospettive occupazionali a tutti, speranza ai giovani, serenità alle famiglie, assistenza ai più deboli. Sappiamo bene quanto sia insufficiente e, alla lunga, frustrante protestare per una situazione iniqua senza intravvedere la strada per uscirne».
Noi ci apprestiamo a vivere la Giornata della solidarietà in questo clima, consapevoli che alla fine è proprio il carattere di eccezionalità e di gravità della situazione a decidere il compito che ci è affidato: la gente ci riconoscerà come solidali se davvero saremo stati capaci di mostrarci all’altezza della loro richiesta di compartecipazione e di condivisione. Una condivisione empatica, ma non solo; una condivisione che chiede anche intelligenza, capacità di unificare verso una meta, intuizione del bene possibile. Nella sua esortazione apostolica, Papa Francesco chiama questo atteggiamento «l’inclusione sociale dei poveri». E il nostro Arcivescovo così la spiega: «Partire dai poveri significa riconoscere che essi sono “obbligati” a quella necessaria unificazione essenziale di vita che noi ricchi, grazie alle nostre possibilità, possiamo permetterci di rimandare. Dalla loro esperienza possiamo imparare molto».
Questo atteggiamento solidale, questa capacità di marciare con i poveri al loro passo unificato, sobrio e discreto, è il contenuto di questa nostra Giornata della solidarietà 2014. Solo in questo modo potremo davvero affermare di essere capaci di costruire la storia, come il bel tema scelto per la Giornata ci invita fare.
Da Avvenire, 08/02/14