«È Gesù che le parole del Vangelo di fatto identificano nell’uomo saggio». Con queste parole pronunciate durante l’omelia per il suo ingresso in Diocesi, il nuovo Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, ha voluto enfatizzare l’importanza e il valore della sequela per la vita di ogni cristiano. Proprio la sequela e la maturazione della coscienza apostolica nell’intimità con Gesù faranno da sfondo agli esercizi spirituali per sacerdoti che si svolgeranno presso la casa Maria Assunta a Cavallino di Venezia (Lido di Jesolo) da oggi a venerdì 20 gennaio.
La settimana di Esercizi spirituali, organizzata dagli Assistenti diocesani di Ac in collaborazione con l’Ufficio per la Formazione permanente del clero, è aperta non solo agli Assistenti decanali e parrocchiali dell’Ac, ma anche a tutti i sacerdoti e diaconi della Diocesi. A guidare gli Esercizi sarà don Mario Antonelli, già fidei donum della Diocesi di Milano in Brasile e attualmente docente di teologia fondamentale presso il Seminario Arcivescovile e collaboratore presso gli Uffici della pastorale missionaria e dei migranti.
Le parole del Vangelo di Marco “Li chiamò presso di sé” daranno il titolo e faranno da sfondo agli Esercizi, proprio a esaltare l’aspetto della sequela e dell’importanza della comunione e dell’intimità con Gesù come centro e fonte del ministero sacerdotale. Saranno cinque brani dal Vangelo di Marco, accomunati dalla presenza del verbo greco proskaléo, che significa appunto «invitare presso di sè», a fare da sfondo alle meditazioni che verranno proposte. È la chiamata di Gesù che, oltre a donare agli apostoli una nuova vita, rappresenta una ferma correzione contro le tentazioni del mondo (cap. 10) e un invito alla missione per annunciare il Vangelo e scacciare i demoni (cap. 6). Un invito, questo, che ci riporta alle parole dell’Arcivescovo, che nell’omelia per l’ingresso in Diocesi ha invitato tutti, con le parole della lettera agli Ebrei, ad «uscire verso Gesù, superando ogni tentazione di adattamento alla mentalità di questo mondo ed accettando il rischio di “portarne il disonore” (cfr Seconda Lettura, Eb 13, 13a), cioè quella croce che Lo umiliò. Pur non avendo “quaggiù una città stabile” (cfr Seconda Lettura, Eb 13,14), il cristiano non è un alienato: anche se non è di questo mondo, egli è pienamente nel mondo e lo abita lasciandosi abbracciare da Gesù, “centro del cosmo e della storia” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis 1). È nel dono totale di sé, reso possibile dalla sequela di Gesù, che la vita fiorisce. Tutti coloro che amano veramente lo sanno bene».