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Riflessione

“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”:
Milano chiama Firenze

Un parallelo tra i concetti al centro del Discorso alla Città e il tema del quinto Convegno ecclesiale nazionale in programma nel 2015, su cui si è soffermato anche il Consiglio pastorale diocesano

di Valentina SONCINI Segretaria del Consiglio pastorale diocesano

10 Dicembre 2014
assemblea diocesana 
percro
foto yuri colleoni

«Nuovo umanesimo» è un’espressione che sta rimbalzando da più parti: dal titolo del Convegno ecclesiale di Firenze, ormai lanciato con la pubblicazione del documento preparatorio, al Discorso alla Città nella festa di Sant’Ambrogio da parte del nostro Arcivescovo. Nessuno intende fornirne una definizione concettuale o teorica, ma darne una testimonianza viva, avvincente e coinvolgente. Così si legge nelle prime righe del documento Cei che afferma: «Non si tratta, quindi, di disegnare in astratto i termini e i confini di un “nuovo umanesimo”: si sceglie invece di partire dalle testimonianze che sono esperienza vissuta della fede cristiana e che si sono tradotte in spazi di “vita buona del Vangelo” per la società intera». E così gli fa eco Scola, che ha tratteggiato nel discorso di Sant’Ambrogio il «nuovo umanesimo» centrato nell’umanesimo di Cristo di montiniana memoria, e da praticare con lo stile della gratuità evangelica in quattro emblematiche situazioni di possibile vita buona: la vita sociale e dei costumi, il lavoro e l’economia, l’educazione, cultura e arte e infine la fragilità e l’emarginazione.

Si avverte dunque una significativa convergenza tra le indicazioni che la Chiesa italiana sta offrendo per prepararsi alla celebrazione del suo quinto Convegno nazionale e quelle che sono al centro dell’azione pastorale a Milano: l’Expo e la sfida educativa da affrontare attraverso il metodo della “Comunità educante”. Questa unità di progettazione è stata sottolineata dagli interventi dell’Arcivescovo durante i lavori del Consiglio pastorale diocesano, chiamato a individuare scelte pastorali per preparare la Diocesi alla celebrazione del Convegno di Firenze.

Cosa significa però “celebrare” un convegno ecclesiale? Monsignor Luca Bressan ha introdotto i lavori del Consiglio pastorale spiegando come i convegni ecclesiali abbiano avuto e ancora abbiano la funzione di favorire la ricezione del Concilio Vaticano II, cioè di stimolare il continuo aggiornamento di linguaggio e di stile della Chiesa per evangelizzare. Discernere, testimoniare ed evangelizzare sono i tre verbi che hanno scandito sempre i lavori dei convegni, per far in modo che attraverso anche questi tutto il corpo ecclesiale delle parrocchie e delle diocesi si ponesse sempre in sintonia con l’impegno di evangelizzare.

Dentro questo solco il Convegno di Firenze intende far prendere coscienza dei cambiamenti epocali che stanno segnando la nostra realtà demografica, culturale, socio-economica. Contro il rischio di un’azione pastorale ripetitiva o poco capace di leggere le novità, il grande invito è quello di “sprofondarsi” nell’umano di Gesù per giungere a ogni uomo in modo autentico, senza paura delle sfide, delle novità, delle avversità.

I lavori del Consiglio sono stati così indirizzati a immaginare modi e stili con i quali tradurre e realizzare pastoralmente cinque operazioni adeguate a “ricalcare” l’umano di Gesù e a far essere in Lui un nuovo umanesimo: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

Ogni operazione ha suscitato idee, indicato passi: in modo particolare è emersa la ricchezza del tema dell’educare, anche in relazione a “La comunità educante”. Molta attenzione e interesse hanno suscitato anche l’uscire e l’abitare: uscire dai soliti modi di pensare, di agire, di sostare dentro le nostre strutture, per andare a stare presso le nuove situazioni di vita che connotano la quotidianità di tanti donne e uomini.

La questione che è emersa con maggiore forza è stata quella della problematica relazione tra carità e cultura. I segni forti di vita buona non mancano dentro il tessuto della città e della vita, ma sembrano non riuscire a generare una cultura altrettanto forte, capace di interloquire maggiormente con l’uomo d’oggi. L’anello di congiunzione, forse, non può che essere un di più di testimonianza, di compromissione personale ed ecclesiale a vantaggio di ogni uomo, soprattutto dei poveri, come garanzia che se ci sono loro, ci sono veramente tutti nel nuovo umanesimo. Il Convegno di Firenze può essere un ottimo stimolo a porre segni di una testimonianza nuova.