«Affermare anche oggi con forza il primato del soggetto del lavoro non è la strada di un ritorno impossibile al passato, è il cammino verso la speranza affidabile». Nella sede del Gruppo 24 Ore, il cardinale Scola chiude il ciclo di quattro incontri dedicati alla crisi economica e al welfare in preparazione a Family, affrontando, in un contesto in continuo mutamento, la “questione delle questioni”: “I nuovi modelli di lavoro nella famiglia oggi”.
Prima dell’Arcivescovo si confrontano nomi che contano nel panorama degli economisti e dei sociologi italiani: Donatella Treu, Alberto Quadrio Curzio, Marco Vitale; Tito Boeri, Rosangela Lodigiani. Prendono la parola anche il direttore de L’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian e del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, che dialoga direttamente con il Cardinale. La cui riflessione è tutta legata a un “filo rosso” preciso: appunto la priorità ineliminabile del soggetto lavorativo «quale fondamento del primato del lavoro stesso sul capitale», in un meccanismo di autentica relazione e sussidiarietà.
Contro quello che definisce «un “uomo-serbatoio”, concepito in maniera puramente individuale, uomo che conta meno di ciò che produce», occorre andare oltre una visione puramente economico-finanziaria della realtà critica in atto. Come? «Valorizzando adeguatamente il protagonismo tipico della famiglia, espressione stabile e primaria della società civile». Da qui la richiesta di solide politiche familiari – tema evidenziato più volte dai relatori – e per i giovani. «Il loro precariato – prosegue l’Arcivescovo – è un errore drammatico». È ovvio che non ci troviamo più nella logica del posto fisso assicurato, ma la «flessibilità non può essere sinonimo di precarietà».
Insomma, il percorso del lavoro che può svilupparsi anche in modo dinamico e diversificato negli anni non può essere la precarietà a vita. Anche perché, suggerisce in un ulteriore passaggio, in una tale situazione viene meno la capacità di innovazione che «in economie avanzate come quelle occidentali, ma oggi tremendamente in affanno, è una delle risorse più efficaci per produrre crescita e sviluppo». E poiché «non c’è innovazione senza cultura e non c’è cultura senza educazione», si torna alla famiglia, luogo privilegiato appunto dell’educazione.
«Sono infatti gli attori della società civile, come ormai riconoscono le più acute interpretazioni sociologiche contemporanee, a generare quel capitale di solidarietà di cui nessuno Stato democratico può fare a meno». Realtà indiscutibile, questa, che il direttore Napoletano sintetizza con un’unica frase: «Il welfare italiano è la famiglia». «Le statistiche mostrano però – nota l’Arcivescovo – che il reddito delle famiglie italiane, a differenza di Paesi come Francia, Germania, Stati Uniti, è consistentemente calato con la crisi».
Ovvio, in un simile contesto, il riferimento alla responsabilità e alla progettualità della politica: «Le istituzioni politiche non debbono gestire la società civile, debbono solo governarla. Ma questo non significa che le istituzioni statuali debbano sottrarsi al compito di fare finalmente solide politiche per la famiglia con particolare riferimento alla conciliazione famiglia-lavoro».
Il tema della famiglia – aggiunge a margine l’economista Marco Vitale – «è nel nostro ordinamento insufficiente e mal gestito. Su questo abbiamo un problema che prescinde dalla crisi, ma che oggi con questa si aggrava. Bisogna ripartire dalla Costituzione, che garantisce chiaramente la famiglia, nei suoi due articoli 29 e 31». «Sono due le più urgenti misure da intraprendere» per Alberto Quadrio Curzio, uno dei “tecnici” più ascoltati dalla politica: «Alleggerire i gravami fiscali e favorire politiche in riferimento ai giovani e ai bambini anche piccolissimi, con l’istituzione sistematica di asili-nido che permetterebbero alle madri di accedere, anche in regime di flessibilità e part-time, al mondo lavorativo».