Lunedì 11 febbraio la diocesi di Milano celebra la XXI Giornata del malato “Va’ e anche tu fa lo stesso” (Lc 10,37). «Ci sentiamo in piena sintonia con la Chiesa universale accogliendo come tema quello proposto dalla Cei e da Benedetto XVI sul Buon Samaritano». A dirlo è don Paolo Fontana, dal 1° dicembre scorso responsabile del Servizio per la Pastorale della salute.
Il Papa nel suo Messaggio si rivolge a operatori, istituzioni sanitarie cattoliche, società civile, famiglie… incoraggiando tutti coloro che a diverso titolo si prendono cura degli ammalati…
Il malato non è una questione privata che riguarda solo la corsia ospedaliera o la famiglia che in casa lo accudisce, ma coinvolge tutta la comunità cristiana. Con la sua azione pastorale infatti si fa carico del malato e della sua famiglia, facendosi portatrice di speranza presso presso le famiglie e presso il paziente (ospedalizzato o ricoverato in Rsa). La stessa celebrazione dei sacramenti, in particolare dell’Unzione degli infermi, anche durante la Messa, è sempre un sacramento che porta a dilatare gli spazi, non è mai un fatto intimo e privato tra malato e sacerdote, ma è una preghiera comunitaria. È un momento educativo, perché spesso si crede ancora che l’Unzione sia legata al momento finale della vita; invece è un sostegno nelle difficoltà per la malattia o per la caduta di speranza. Il sacramento aiuta quindi a guardare in alto e a riattivare la vita di fede.
La diocesi da sempre è vicina ai malati, assistendoli dal punto di vista spirituale, sia nelle case attraverso i preti delle parrocchie, sia negli ospedali attraverso i cappellani…
La diocesi ha 94 Cappellanie ospedaliere e 3 parrocchie ospedaliere, per mostrare questa vicinanza al malato. Ma la Cappellania non è solo ospedaliera, è presente anche in alcune Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), case di ricovero in cui gli ospiti trascorrono anni. Oltre al cappellano, a volte è la chiesa vicina, con il suo parroco o il vicario parrocchiale, a farsi carico delle Rsa. Negli ospedali invece ci sono cappellani dedicati, suore e laici che svolgono il compito di prossimità.
Un ruolo delicato non solo verso i malati, ma a volte verso anche i parenti…
Sì, soprattutto in alcuni reparti ospedalieri, legati ai momenti difficili dell’esistenza, penso ai ricoveri d’urgenza, ai politraumi, alle malattie neurologiche… In questi casi il cappellano e i suoi collaboratori sono molto più spesso chiamati a sostenere la famiglia, oltre al malato. I parenti pongono domande di senso, chiedono: perché a me? Come posso farcela? Ci sono cappellani anche negli hospice dove è molto delicato accompagnare la famiglia, il paziente, il morente nel momento di passaggio, della Pasqua, vista innanzitutto come perdita.
Esiste una convenzione tra Regione e Diocesi per la presenza dei cappellani nelle varie strutture sanitarie?
Già dal 2005 la Regione Lombardia ha stretto un protocollo d’intesa con la Conferenza episcopale lombarda per assicurare la presenza religiosa nelle strutture pubbliche o accreditate, mentre in quelle private è un auspicio, perché la convenzione non è ancora con tutte, ma noi cerchiamo di garantire sempre questa assistenza.
Le Cappellanie
In diocesi le Cappellanie ufficiali sono 94, quelle senza nomina o di realtà sanitarie minori sono 90. I cappellani impegnati sono 173, di cui 60 parroci e 19 diaconi permanenti. Le religiose invece sono 178, appartenenti a 74 congregazioni diverse, molte di loro svolgono (anche o solo) assistenza spirituale a livello domiciliare. Cappellani e suore sono presenti in 76 tra ospedali, case di cura, cliniche e in 114 tra Residenze socio-assistenziale e case di riposo (anche se in diocesi sono circa 500).