Continua il cammino sinodale nella Diocesi di Milano. Sabato 9 aprile, alle 15.30, nella sala convegni della Curia (piazza Fontana 2, Milano), si terrà l’Assemblea diocesana presinodale con l’Arcivescovo. Di seguito pubblichiamo una riflessione sul dibattito in corso.
di suor Luisella MUSAZZI e Simona BERETTA
Generose di riflessioni, disponibilità, parole. Pronte a cogliere l’invito e l’occasione di poter significativamente “prendere la parola” in questa prima fase di consultazione, prevista dal Sinodo universale. Attente a non semplificare la complessità dell’approccio sinodale, né quella della Chiesa, consapevoli della posizione riservata alle donne nella Chiesa.
Don Mario Antonelli – Vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della fede, che ha accolto l’invito dell’Arcivescovo a realizzare un particolare ascolto dell’universo femminile – ci ha coinvolte in questa esperienza, grazie alla quale abbiamo potuto accogliere parole e pensieri di cinquanta donne, a vario titolo impegnate in ambito ecclesiale, che hanno condiviso con noi l’esperienza del camminare insieme nella Chiesa.
Da novembre a oggi, singole donne o gruppi, donne laiche o consacrate, che si riconoscono in movimenti o in comunità parrocchiali, hanno offerto il loro sentire, i vissuti, le visioni intorno alle dieci parole proposte dal Documento Preparatorio del Sinodo: parlando con libertà, accortezza, passione, delusione, speranza; talvolta rivendicando, talvolta comprendendo e sempre proponendo; manifestando un desiderio di Chiesa che generi, che rinnovi, che sia anche femminile, nel prendersi cura, nel condividere, nell’educare.
Una Chiesa che genera vita
Con i loro interventi hanno evidenziato la bellezza del camminare insieme, di essere prossimi, di condividere la verità di Dio che ci attende e ci attrae. La visione delle donne è quella di una Chiesa chiamata a generare vita: la corresponsabilità di uomini e donne è importante sia nel pensare che nell’agire. Allo stesso tempo, lo stile di leadership al femminile è stato riconosciuto come molto sinodale, perché più predisposto alla condivisione, al lasciar spazio, alla cura. Più luminose sono state le esperienze di sinodalità vissute da chi è parte di movimenti ecclesiali – dove la responsabilità laicale è accolta e valorizzata -, da chi cammina con persone ai margini della Chiesa, ma colme di Vangelo; da chi ha intrecciato il proprio cammino con “persone non divisive”, impegnate a costruire comunità attraverso un ascolto generativo, accogliente, non giudicante.
Nella Chiesa prendere la parola come donne non risulta sempre facile, ma certamente vale anche per le donne il mandato evangelico della testimonianza coraggiosa e profetica, soprattutto quando ci sono pietre d’inciampo sui sentieri della comunione e della sinodalità.
Luci e ombre
D’altro canto, non mancano le ombre. La disparità tra i generi è la prima frattura da sanare nella Chiesa: «La discriminazione del femminile trasuda dal linguaggio usato ed è rappresentata plasticamente nella distribuzione dei ruoli», hanno detto. Ancora, il tema dei laici affidatari di compiti gestionali, che spesso faticano a camminare insieme e a favorire un ricambio. Le donne che abbiamo ascoltato sono poi particolarmente preoccupate per il mondo giovanile, che sembra soffrire molto di stili, linguaggi, modalità di vivere la fede non coinvolgenti, a partire dalla celebrazione eucaristica.
Nella Chiesa locale «la meglio gioventù se ne va», rilevano, anche perché non ci sono processi decisionali condivisi, né momenti di verifica e difficilmente si riesce a fare rete, con un doloroso spreco di risorse.
Tra luci e ombre, da queste “conversazioni sinodali” paiono germogliare nuovi sentieri, nell’orizzonte della sinodalità: laddove c’è una partecipazione multiforme (clero, laici/laiche, religiosi/e) il lavoro pastorale ne trae giovamento; l’insistenza per la rigenerazione di processi di formazione: in Seminario, alla relazione, alla verifica, all’ascolto e confronto.
Si è percepita una sana passione per la Chiesa nella quale, in diverse forme, si è cresciute sia umanamente che nella fede. Si ascolta il desiderio di camminare insieme, con un approccio generativo al femminile, improntato alla cura, senza personalismi, determinato a preparare “il futuro”, perché «il futuro va innanzitutto sognato, desiderato, atteso».