«Sì, è vero. Le persone vengono portate via con la forza». Padre Pavlo Tomaszewski, parroco della parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa a Mariupol, religioso dell’Ordine di San Paolo Primo Eremita (Paolini) conferma l’ennesimo orrore che si sta consumando nella città martire dell’Ucraina, presa da giorni sotto assedio dagli attacchi russi. Il massacro ha il volto dell’esodo forzato. Una notizia che avevano denunciato i sacerdoti di Kharkiv di cui Mariupol fa parte come diocesi. Raggiunto telefonicamente, padre Pavlo purtroppo conferma: «Alcuni parrocchiani mi hanno detto che i loro parenti sono stati messi dai ceceni in autobus e portati in Russia. È quasi impossibile comunicare con le persone che sono cadute in questi canali. A volte alcuni riescono a mettersi in contatto, ma è molto raro».
Evacuazioni di massa
Nelle città bombardate proseguono le evacuazioni. Un totale di 7.331 persone è stato evacuato ieri dalle città ucraine più colpite attraverso i corridoi umanitari: si tratta di più del doppio dei 3.343 fuggiti il giorno prima. In un post online, la vice prima ministra ucraina, Iryna Vereshchuk, ha affermato che 2.800 persone hanno lasciato la città assediata di Mariupol utilizzando mezzi di trasporto privati. Ma è proprio questo il problema: se gli autobus di fuga sono organizzati dai russi, la gente preferisce uscire dalla città autonomamente e «le colonne delle macchine sono a volte bersaglio di spari – dice il parroco -. Questa è la guerra, sparano ovunque, si può sempre finire sotto il fuoco». Con un altro religioso e un gruppo di parrocchiani, padre Pavlo ha lasciato Mariupol, «al decimo giorno di guerra in Ucraina».
È praticamente impossibile mettersi in contatto con chi è rimasto indietro. «Ci ho provato – racconta il religioso -, ma non ho avuto successo. Recentemente una signora della nostra parrocchia ha contattato sua madre. Questo è stato quattro giorni fa. Ora non c’è più connessione. Dovete capire che la città di Mariupol è stata bombardata così tanto che è impossibile uscire».
La preghiera con il Papa
Dalle macerie di Mariupol, padre Pavlo ha seguito ieri la straordinaria iniziativa mondiale di preghiera per la pace voluta da Francesco. «Sono molto contento che il Papa abbia dedicato il Santissimo Cuore di Maria all’Ucraina e alla Russia – dice -. Spero davvero che la Russia cambi e smetta di combattere contro di noi. Mariupol, la città della Vergine Maria. Il diavolo odia la Vergine Maria e così si vendica di lei distruggendo la sua città». Ammette però che è difficile credere che la situazione possa migliorare: «Nessuno capisce come la gente soffra lì finché non ci è stato. Non so quanto sia importante l’aiuto del Papa. Mentre pensiamo e parliamo di Mariupol, lì stanno morendo donne e bambini. Ci preoccupiamo per loro e preghiamo e abbiamo compassione per loro, ma questo non salva la loro vita. Questa è la verità. La gente lì sta impazzendo per la fame e i bombardamenti».
L’appello all’Occidente
Il grido di aiuto in realtà si rivolge ai leader politici dell’Occidente. «L’Europa e l’America possono fare molto, ma non vogliono. Per i politici, le nostre vite non contano. Anche loro commerciano con la Russia da più tempo. Stanno ancora aspettando. Solo la Polonia capisce che sono i prossimi ad essere attaccati dalla Russia».
Padre Pavlo dice di non «avere più l’energia» per raccontare per l’ennesima volta ai giornalisti quanto sta accadendo nella città e chiede di iscriversi su un canale telegram dove è possibile seguire in tempo reale la situazione sul campo. «Molti dei Paesi europei non hanno smesso di cooperare con la Russia. Per i loro soldi la Russia ci sta uccidendo. Hanno il nostro sangue sulle loro mani». Il sacerdote chiede scusa per le parole forti che usa, ma poi si giustifica: «Finché l’Unione Europea e l’America dicono di essere molto preoccupati, qui la gente muore».