«L’auspicio maggiore è che finisca presto il conflitto. Certamente siamo favorevoli alla proposta Ue di una protezione umanitaria temporanea per gli ucraini. Sarebbe la prima volta che l’Europa attiva la direttiva 55/2001. È l’unico strumento utile e giusto al momento». È il commento di Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana. La Commissione europea propone infatti di attivare la direttiva per la protezione temporanea, per dare assistenza immediata alle circa 650.000 persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Agli sfollati sarà concesso un permesso di soggiorno e l’accesso all’istruzione e al mercato del lavoro.
«Tecnicamente gli ucraini entrerebbero in esenzione di visto con un permesso per 90 giorni – spiega Forti -. Nel frattempo spero che il governo italiano provveda a definire la questione sulla protezione temporanea, per cui dovrà essere riconosciuto un permesso di soggiorno stabile». In Italia potrebbe però emergere un paradosso, visto che l’ultima sanatoria del 2020 è completamente bloccata: «Ci sono tanti ucraini che lavorano in Italia e stanno ancora aspettando la regolarizzazione. Si potrebbe creare l’assurda situazione per cui chi lavora in Italia da tanti anni è in condizione irregolare, invece chi arriva ora potrà avere un permesso temporaneo». Come è pure «paradossale – afferma – bloccare gli afghani o i siriani o gli iracheni alla frontiera ucraino-polacca, anche loro fuggono da conflitti. Se ci assomigliano hanno tutti i diritti, se hanno tratti somatici diversi dai nostri allora diventano un problema? Questo è un vero scandalo ed è inaccettabile».
I corridoi umanitari
Forti precisa anche che il termine corridoi umanitari riferito alla crisi ucraina è usato in maniera impropria: «Il corridoio umanitario si utilizza solo per quelle persone che si trovano in Paesi terzi da cui non possono muoversi, per esempio un eritreo che dall’Etiopia non può raggiungere l’Italia. Gli ucraini, se entrati per esempio in Polonia, possono legittimamente trasferirsi in Italia. Per cui a livello giuridico non è esatto chiedere corridoi umanitari, meglio parlare di agevolare l’arrivo degli ucraini. Non dobbiamo fare ponti aerei, non c’è bisogno. Si sta facendo confusione».
Primi sfollati in arrivo nelle Diocesi
Tutte le 220 Caritas diocesane in Italia sono già mobilitate e pronte per l’accoglienza dei profughi dall’Ucraina. I primi sono già arrivati nelle diocesi di Bergamo, Venezia, Palermo, Pescara e altre. «Non abbiamo ancora attivato un monitoraggio, ma i numeri crescono di giorno in giorno. Le prefetture ci hanno già chiamato, quindi noi ci attiveremo sia con i sistemi Cas (Centri di accoglienza straordinaria), sia con i sistemi Sai (Sistema di accoglienza e immigrazione) e con le accoglienze diocesane. Stiamo dando indicazioni anche di carattere sanitario, in collaborazione con le Asl, per evitare focolai di Covid-19».
Alcune stime, calcolate sulla presenza in Italia di 250 mila ucraini, indicano la possibilità che l’Italia si trovi ad affrontare l’arrivo di 900 mila persone. «In questa fase – precisa Forti – stiamo dicendo a tutti di favorire l’accoglienza diffusa in appartamenti. Sono persone che di fatto non dovrebbero fermarsi. Hanno molti parenti e amici in Italia che non sempre sono in grado di accoglierli perché magari vivono presso altre famiglie. Finché è possibile è meglio prediligere questa modalità, poi se ci sarà una emergenza umanitaria anche nel nostro Paese e sarà attivata anche la protezione civile saranno necessari anche centri più grandi. E comunque speriamo sempre che la guerra finisca e sia una accoglienza temporanea».
Si avanza anche l’ipotesi della possibile riapertura dell’ex centro di Mineo (Catania), chiuso nel 2019 dopo aver accolto migranti, che potrebbe ospitare 2.000 persone. «Non griderei allo scandalo se venisse riaperto – commenta -. Bisogna capire l’entità della situazione. Perché se arriveranno 900 mila persone temo sarà inevitabile la necessità di aprire campi profughi o requisire alberghi». Se la direttiva 55/2001 per la protezione umanitaria temporanea proposta dalla Commissione europea venisse attivata sarebbe avviato un piano di redistribuzione. «Se questo avvenisse potremmo assistere a numeri di arrivi importanti in tempi relativamente brevi – conclude Forti -. Al momento arrivano tutti alla spicciolata, con pullman, anche perché le distanze lo permettono».