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Sirio 25 - 30 novembre 2024
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Ucraina

Il Vescovo di Kiev: «Viviamo giorni tesi e incerti»

Monsignor Vitalii Kryvytskyi, 49 anni, salesiano: «In caso di invasione dei russi, la Chiesa non abbandonerà nessuno e continuerà a lavorare per la pace»

di Andrea ZAGHIAgensir

14 Febbraio 2022
Controlli presso la frontiera (foto Ansa / Sir)

«In caso di guerra il mio posto è qui, accanto alla popolazione, agli Ucraini”. Monsignor Vitalii Kryvytskyi, 49 anni, salesiano, vescovo di Kiev-Zhytomyr da circa 4 anni, parla al telefono con tono pacato e calmo e le parole che dice sono nette e chiare: «In caso di invasione dei russi, la Chiesa non abbandonerà nessuno e continuerà a lavorare per la pace». Il Vescovo racconta la situazione in un collegamento che avviene nell’ambito di una visita delle Missioni Don Bosco per capire come la popolazione ucraina vive quanto sta accadendo.

Eccellenza, qual è la situazione nel Paese?
Viviamo giorni molto tesi e incerti. Moltissime persone sono indecise su cosa pensare e su cosa fare. La gente sta cercando di valutare tutte le informazioni che arrivano, di capire quali sono quelle vere e quella false. Il nostro compito, adesso, è anche quello di aiutare a trovare la verità delle cose. Noi non siamo politici, ma vogliamo aiutare la gente a non cadere nel sentimento della paura e a non farsi trarre in inganno. Insistiamo nella speranza in Dio.

Ci si sta preparando alla fuga?
Le notizie che vengono diffuse rafforzano l’idea di scappare. Ed è ovvio che sia così: è dal 2014 che la popolazione vive una sorta di spinta a migrare verso la pace, ad allontanarsi dalla guerra. Alcune persone stanno riflettendo seriamente sulla possibilità di spostarsi almeno in Ucraina occidentale, sperando che in caso di invasione gli eventi bellici non arrivino fin lì. Devo però anche dire che tra la gente comune non c’è panico e non c’è desiderio, per ora, di scappare dalle città.

Quali relazioni ci sono con le autorità di governo?
Collaboriamo e lavoriamo insieme per la pace. Abbiamo un dialogo costruttivo con le autorità civili. La settimana scorsa abbiamo avuto un incontro con il capo del Parlamento e tra un paio di giorni vi sarà un incontro tra il Consiglio Panucraino delle Chiese e i Ministri degli esteri e della difesa. Il governo ci chiede di aiutare il dialogo con la popolazione.

In caso di guerra avete dei piani d’azione particolari?
È chiaro che della difesa del Paese devono occuparsi le istituzioni civili. Il nostro unico piano d’azione è stare vicino alla gente. Noi daremo tutte le risposte che saremo in grado di dare a tutte le situazioni che si prospetteranno. Ma la guerra non è la soluzione, per questo crediamo che la via del dialogo politico debba e possa procedere.

A suo parere quali sono le cause di questa situazione? Perché la Russia vuole tornare in possesso dell’Ucraina?
Io non vedo motivi reali per occupare il nostro Paese. I motivi che possono essere addotti sono solo provocazioni. Alcuni parlano di visioni imperialistiche della Russia, ma sono solo parole.

Quali sono i sentimenti degli ucraini nei confronti dei russi?
Prima di tutto dobbiamo dire che in Russia attualmente vivono molte persone che sono nate in Ucraina. Lo scambio dei popoli è un fatto che veniva vissuto fortemente nel periodo sovietico, ma è continuato anche successivamente. È ovvio e naturale che in Russia vi siano familiari e amici di persone e famiglie che vivono in Ucraina. Ci sono legami umani che non possono essere nascosti. Certo dal 2013 le cose possono essere cambiate.

Come?
Molti ucraini possono aver privilegiato le relazioni familiari con i russi dando loro un peso maggiore rispetto ai problemi politici. Ci sono però anche famiglie che hanno smesso di comunicare tra di loro a causa del conflitto e delle tensioni politiche che si sono generate. In altre parole, ci sono persone che continuano ad avere rapporti stretti e a condividere situazioni e sentimenti con familiari e amici russi. E ci sono invece persone che a causa del conflitto, hanno scelto l’una oppure l’altra parte. Per me è difficile parlare dalla parte della Russia, ma posso dire che in Ucraina ci sono molti capaci di distinguere tra un russo e le posizioni che Mosca ha assunto nei confronti di Kiev.

In caso di invasione russa lei cosa farà?
Non c’è dubbio: io rimarrò qui accanto alla mia gente. Non c’è un’altra opzione.

Il Nunzio: «Chi causa guerra non ha diritto di chiamarsi cristiano»

«Ripeto a tutti che chi causa guerra oppure chi non si impegna a proteggere la pace non ha diritto a chiamarsi cristiano». Parole durissime di condanna sono state pronunciate nei giorni scorsi dal Nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas. «La gente è molto preoccupata e tesa. È evidente che i politici spesso non riescono a trovare strumenti adatti per superare i conflitti, perché c’è quasi sempre una qualche contrapposizione tra gli interessi di parte».

«Il mio sogno – ha aggiunto – è vedere non solo in Europa, ma ovunque, più persone che si dedicano alla politica con sincerità e dedizione, riconoscendo che si tratta di una vocazione degna, al servizio di tutti, da non lasciare nelle mani di chi si prende gioco della politica come se la vita propria e quella altrui fosse un niente». Ma quale via intraprendere per promuovere oggi la pace? «Prima di tutto, convertirci a Dio e al nostro vero ed eterno “io”, cioè a noi in quanto esseri umani, chiamati a essere luce e sostegno gli uni per gli altri. Noi, come persone di fede, cristiani o ebrei o musulmani, sappiamo che soltanto in una vera fede in Dio abbiamo la possibilità – e la chiave adatta – di risolvere i conflitti; che questo ci piaccia o no, è così: solo una fede sincera ci illumina. La pace e la promozione della convivenza fra tutti rimangono la nostra vocazione chiara e imperativa. Affidiamo al Signore Gesù e alla Vergine Maria la nostra supplica di pace».

Il Papa: «Ogni sforzo per la pace»

«Le notizie che giungono dall’Ucraina sono molto preoccupanti. Affido all’intercessione della Vergine Maria e alla coscienza dei responsabili politici ogni sforzo per la pace. Preghiamo in silenzio». Lo ha detto il Papa dopo la recita dell’Angelus ieri in piazza San Pietro.