Si sa che il modo migliore per celebrare gli anniversari è farlo guardando in avanti. Così l’anno scorso, in occasione del centenario dell’Università Cattolica, l’Arcivescovo ha scritto agli studenti investendoli di una responsabilità: l’università ha fatto un suo percorso fin qui, ora «tocca a voi cominciare un nuovo periodo». Non era però un generico invito al futuro, ma una sollecitazione ad andare in profondità, con una domanda: tu, cattolico italiano, che cosa pensi? Perché, osservava monsignor Delpini, «quando il convivere risulta una specie di Babele e non ci si riesce a intendere, quando le certezze assolute si rivelano ipotesi approssimative o luoghi comuni, ci vorrebbe una cultura che favorisca il dialogo e l’incontro, ci vorrebbe qualcuno che aiuti a trovare il senso. Ci vorrebbe un pensiero che offra criteri per costruire, strumenti per leggere la realtà, spunti critici per migliorare, modi di operare promettenti per una crescita armonica dell’insieme».
La fede che illumina il sapere
«È in fondo lo scopo dell’università. A maggior ragione per chi, da credente, ha una lampada in più che è la fede, che illumina il sapere», osserva Ernesto Preziosi, responsabile delle relazioni con il territorio per l’Università Cattolica. Ecco allora la provocazione, che Delpini rilancerà agli studenti nella serata in programma mercoledì 9 febbraio, alle 21, al Collegio Augustinianum (via Necchi 1, Milano): quale posto occupa il pensiero nella vita quotidiana, nelle relazioni, nella costruzione della città degli uomini? Una domanda alla quale hanno già risposto diversi ex studenti dell’Ateneo, che alla luce di queste sollecitazioni hanno riletto la propria carriera universitaria e l’impegno attuale come professionisti.
Tutti, sottolinea Preziosi – che ha raccolto questi contributi in un agile testo, Ci vorrebbe un pensiero – «hanno chiesto all’università di continuare a fare la propria parte: nel dare un metodo, nell’aiutare a fare delle scelte. Con un’offerta formativa connotata non in modo confessionale, ma che tiene conto della fede, della dottrina cristiana». Ancora una volta, l’importante è non rinunciare a pensare. Sapendo – rimarca Preziosi – che se da una parte «abbiamo il dono di incontrare la verità del mondo alla luce della fede», dall’altra «l’identità che è propria di ciascuno matura proprio nel dialogo con la diversità». È possibile, insomma, costruire un terreno comune del pensiero, come invita a fare l’Arcivescovo. A partire proprio dall’università.