Una vita di accoglienza e condivisione, quella di don Aldo Lamera, 90 anni, che nella pastorale ha sempre messo al primo posto la carità. Aveva solo 35 anni quando arrivò nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a San Pietro Cusico, piccola frazione (500 abitanti) di Zibido San Giacomo, a sud di Milano. Oggi vive ancora lì, circondato dall’affetto di parrocchiani e collaboratori di un tempo: legge molto (senza occhiali), si muove lentamente, ma i suoi pensieri corrono e racconta lucidamente, senza intoppi. Da poco ha affidato la responsabilità della Fondazione San Pietro Cusico – da lui creata – a don Massimo Mapelli.
Quando il cardinale Giovanni Colombo gli propose la destinazione, non esitò. «Nessuno voleva venire qui, la casa del parroco era diroccata e la parrocchia abbandonata da tempo», ricorda. D’altra parte l’Arcivescovo era stato chiaro: «Non vi mando il prete se non sistemate la casa». Da sette mesi Cusico non aveva il parroco e la Messa veniva celebrata da quello della parrocchia vicina. «Quando mi fu chiesto venni subito. Arrivavo da Gorla e la Curia mi trovò un appartamento dove ho abitato nei primi tempi».
Qual era il contesto di allora?
La situazione era drammatica. Zibido era l’ultimo paese non solo dell’alfabeto, ma anche a livello sociale: c’era solo la scuola elementare, con un’unica maestra per 5 classi. Il paese era gestito dai comunisti, molto chiusi, quindi io ho iniziato subito a lavorare anche dal punto di vista sociale e politico. Nel tempo è cambiata anche l’amministrazione, per vent’anni in Comune abbiamo avuto i “nostri” giovani. Siccome non esisteva la scuola media, l’abbiamo aperta nella vecchia casa del parroco, in attesa che il Comune la costruisse. Anche la gente viveva in abitazioni disastrate e povere. Su mia iniziativa abbiamo fatto costruire 12 appartamenti, così oltre alle case si procurava lavoro.
E poi?
Abbiamo costituito una cooperativa sociale per costruire altri immobili (il terreno l’avevo acquistato io e poi ceduto). Il volto del paese è cambiato completamente. Aiutavo anche le fabbriche in difficoltà, sempre con i giovani della parrocchia e della Bassa milanese (Casorate, Lacchiarella…), ma gli aiuti venivano anche da Brescia e da Roma. All’inizio, appena arrivato, ho ospitato in parrocchia una decina di ragazzi in difficoltà, diversi zingari scappati dal gruppo di appartenenza. In seguito abbiamo iniziato ad accogliere anche famiglie, la nostra era una pastorale di carità. Nel 1967 il cardinale Colombo venne a farmi visita e rimase tutta la giornata. Io avevo già sistemato il campo di calcio per i ragazzi, lui mi offrì i lampioni per l’illuminazione: io non volli, gli dissi che c’era una famiglia che viveva in una casa diroccata e di offrire i soldi per sistemarla. Non li diede. Un anno dopo ci rivedemmo e alla sua offerta confermai il mio rifiuto.
Qual è la sua eredità?
A 78 anni ho dato le dimissioni da parroco e ora sono residente senza incarichi pastorali, ma ho chiesto al parroco di continuare a seguire la Fondazione San Pietro Cusico e la Comunità alloggio in oratorio, dove accogliamo 9 nuclei familiari, anche stranieri, e abbiamo continue richieste. Io consideravo l’accoglienza non solo al momento dell’ingresso in appartamento, ma anche dopo, oltre la maggiore età dei figli. A loro chiedo solo un contributo spese che copre anche le utenze della chiesa. Oggi la Fondazione dispone di sette appartamenti in paese, di uno in costruzione e di altri due a Rosate e Gaggiano. Le famiglie pagano affitti calmierati, ma non sempre ce la fanno, il resto lo mettiamo ancora noi. Abbiamo allacciato mutui fino al 2031 e dobbiamo pagarli (don Aldo ha sempre utilizzato i suoi soldi e quelli di famiglia per acquistare gli appartamenti, ndr). Nel 2021 ho lasciato la Fondazione San Pietro Cusico in mano a don Massimo Mapelli, che ora è il presidente.