Giovedì scorso, al Refettorio Ambrosiano, le nonne e i nonni di Greco hanno preparato i ravioli. Alla vecchia maniera. Cioè cominciando dall’impasto. Hanno mescolato farina di farro e bianca. E sono poi passati al ripieno: ricotta e asparagi o solo erbette. Il gruppo, una ventina di over 70, affiancato da 4 volontari, ha eletto spontaneamente un leader: una signora bergamasca che per vent’anni ha gestito una trattoria nel quartiere milanese. Ma il risultato è stato davvero il frutto di un lavoro collettivo, figlio anche dei diversi saperi regionali, dato che tra l’altro le Querce – così si sono ribattezzati – sono milanesi dalle radici sparse un po’ in tutto il Paese, dove, proprio sui ravioli, già dai tempi del Boccaccio, ci si divide a cominciare dal nome: agnolotti in Piemonte, tortelli in Lombardia, pansotti in Liguria, anolini nel Piacentino.
E forse proprio per togliersi d’imbarazzo dovendo scegliere tra le decine di diversi condimenti possibili – e così tagliare la testa al toro di una discussione che, tra brodi e ragù, sarebbe andata troppo per le lunghe – si è preferito il modo di guarnire più semplice, immediato e universale: un soffritto di burro e salvia.
Quando poi è venuto il momento della degustazione, intorno ai tavoli di design del Refettorio, il confronto è passato dalla preparazione ai modi, ai tempi, alle occasioni di questo tipico piatto italiano. Su un punto ci si è trovati tutti d’accordo. «Quelli di magro» li si mangiava a Pasqua, «quelli di carne» soltanto una volta all’anno e nella festa più importante, a Natale. Una dieta ferrea e rigorosa dettata non solo da motivi religiosi.
Il laboratorio “Il cibo dell’incontro” al Refettorio Ambrosiano si svolge ogni giovedì. Partita in forma sperimentale il 14 aprile, è diventata ora un’iniziativa stabile. Ai partecipanti è chiesto di proporre una ricetta su un tema diverso da preparare insieme la volta successiva confrontando le diverse conoscenze. Nei primi quattro incontri i temi sono stati “Cibo e memoria del passato”, “Cibo e salute”, “Il cibo dell’altro” e “Cibo e cultura”. Ora gli stessi argomenti saranno riproposti in quelli successivi fino alla metà di giugno.
«Molti anziani soli, in casa, si alimentano male, smettono di cucinare piatti che conoscevano, non perché non ne sono più capaci, ma perché non sono motivati. Portandoli fuori dalle mura domestiche, insieme agli altri, hanno l’opportunità di riscoprire le loro capacità: questo aumenta l’autostima, combatte la depressione e favorisce l’incontro – spiega Franca Carminati, responsabile area anziani di Caritas Ambrosiana -. Inoltre, il pranzo comunitario, dove mangiano insieme quello che hanno preparato, diventa il momento in cui si raccontano, evocano i loro ricordi, escono dal quel guscio di solitudine in cui spesso si rinchiudono, anche solo semplicemente perché credono di non avere più nulla di interessante da dire e condividere».
Forse qualcuno scoprirà anche che cucinare e mangiare insieme allunga la vita. Senza dubbio a giudicare dal buon umore con cui le Querce tornano a casa fa bene all’umore. Scusate se è poco.