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Sirio 25 - 30 novembre 2024
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Intervista

«Sanità in Lombardia, nella nuova legge il terzo settore va riconosciuto»

Nicola Spada, presidente di Aris, l’associazione che raggruppa Irccs, ospedali, case di cura e centri di riabilitazione di matrice religiosa: «Il privato non profit, ha un ruolo molto diverso dal privato commerciale e ha una presenza capillare sul territorio»

di Luisa BOVE

28 Ottobre 2021
Nicola Spada

Si è svolto questa mattina il convegno voluto dal Conferenza episcopale lombarda sulla riforma sanitaria regionale del dopo Covid dal titolo «Essere prossimi alle fragilità: Chiesa creativa», davanti a un parterre di esperti, rappresentanti nazionali di Aris e Uneba, alla presenza di esponenti di Regione Lombardia.

Ne parliamo con Nicola Spada, presidente di Aris Lombardia, l’Associazione religiosa istituti socio-sanitari che oggi conta circa 50 strutture tra Irccs, ospedali, case di cura, centri di riabilitazione. Un dato significativo riguarda le Residenze sanitarie assistenziali e gli ex istituti psichiatrici di Aris che da sole rappresentano il 30% dell’offerta sulla salute mentale dell’intera Lombardia, con oltre mille posti letto a fronte dei circa 4 mila della Regione. Tra le tante strutture del terzo settore associate ad Aris ricordiamo Fondazione Don Gnocchi, Fondazione Poliambulanza, Gruppo ospedale Valduce, provincia lombardo-veneta dei Fatebenefratelli, Casa di cura ambrosiana di Sacra Famiglia, Opera San Camillo, Istituto Auxologico, Don Orione

Spada, quali sono oggi le questioni aperte?
Quello che stiamo operando come Aris Lombardia, affiancati a Uneba Lombardia, riguarda la riforma del sistema sanitario lombardo. C’è una proposta di legge di riforma che nelle prossime settimane verrà valutata dal Consiglio regionale, al quale abbiamo sottoposto idee innovative che vanno nella direzione di vedere riconosciuto il ruolo specifico del terzo settore all’interno della sanità lombarda.

In che senso?
Il Registro unico del terzo settore non è ancora ben definito, quindi oggi chi si vuole qualificare come soggetto non profit lo fa attraverso forme non adeguate. La sanità lombarda – lo abbiamo visto in questi due anni – viene rappresentata come lontana dal territorio e dalle esigenze della sanità pubblica. Noi stiamo cercando di sottolineare in questa riforma che il terzo settore, cioè il privato non profit, ha un ruolo molto diverso dal privato commerciale, il cosiddetto secondo settore. Questa non è una novità, perché la riforma 2017 del terzo settore ha già detto tutto quello che c’era da dire: adesso si tratta di recepirla nella legge del sistema sanitario regionale. Vorremmo che nelle dichiarazioni dei nostri rappresentanti politici venisse più spesso citata la sanità lombarda come costituita dal pubblico, dal privato, ma anche dal non profit.

Qual è il valore aggiunto che le strutture Aris portano oggi alla sanità lombarda?
Il mondo di Aris ha una vocazione alla missione che la porta a orientarsi verso le attività non profit. Questo colloca le nostre strutture nella «terra di nessuno», quella dell’assenza di regole e tariffe. Il pubblico si muove dove ci sono le regole, il privato si muove dove ci sono le tariffe che remunerano, il non profit – come noi – eroga prestazioni dove c’è bisogno, prima ancora che arrivino le tariffe o addirittura le regole. E questa è una disponibilità sul territorio che si vede e si è vista moltissimo durante la pandemia. Quando vengono citati i 45 pronto soccorso che hanno lavorato nel 2020 e nel 2021 sul fronte Covid, tre sono strutture Aris della Lombardia. Noi ci siamo, anche se non è stato ancora definito come remunerare il lavoro che i pronto soccorso hanno svolto durante la pandemia. Ripeto. Noi ci siamo a prescindere.

Senza dimenticare il territorio…
Certo, la nostra presenza sul territorio è capillare e molto orientata ai bisogni del territorio stesso. Le nostre strutture fanno ciò che in teoria dovrebbero fare quelle pubbliche in alcuni ambiti territoriali. Tra tutti, il nostro ospedale di Erba è un presidio di zona senza il quale ci sarebbe un buco da parte del servizio sanitario regionale. E questo viene poco compreso. Per questo abbiamo gli stessi intenti di Uneba, che ha molte strutture associate sul territorio, e insieme creiamo un bel fronte.