Il progetto pilota “Social in House” si rivolge alla pericolosa compresenza di più persone portatrici di devianze e disagi, o in condizioni di totale povertà, accanto al malato terminale. Rappresenta l’ultima tappa raggiunta da Vidas dopo 31 anni di difficile percorso nell’assistenza completa e gratuita a 28 mila pazienti sofferenti di cancro e altre patologie.
«Per far fronte a scenari sempre più complessi – sottolinea la fondatrice di Vidas Giovanna Cavazzoni – abbiamo creato un articolato servizio, affiancando e di fatto raddoppiando le consuete équipe sanitarie con mini équipe sociali altamente specializzate (assistenti sociali, psicologi e volontari esperti) . Un fortissimo impegno, condiviso e sostenuto da Fondazione Cariplo, Comune di Milano e Fondazione Berti».
504 i casi seguiti in due anni con 15.120 giornate di assistenza gratuita, offerta da 30 operatori sempre a rotazione sul campo, con disponibilità 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno. Una capacità assistenziale pari al 15% sul totale di 1600 malati che Vidas assiste annualmente. Un’intensa attività di “bonifica sociale” del tutto inedita in Italia che, partendo dal rispetto e dalla cura della persona malata, si estende al suo nucleo familiare e abitativo, sovente in condizioni di inimmaginabile degrado. “Inferni blindati” è la definizione che meglio accomuna le tante storie di degrado umano e sociale incontrate.
Un’espressione corretta, ma dall’accento burocratico, definisce queste tragedie “casi limite”, spesso resi più acuti da violenze fisiche e psichiche che travolgono senza distinzione adulti e minori. Una disgregazione del tessuto sociale che cancella ogni traccia di decoro e dignità umana e che sempre più colpisce nuclei familiari sino a pochi anni fa al riparo da questo dissesto. Le chiamano nuove povertà e sono tragedie che esplodono entro mura rese ancor più fragili dall’incapacità di reggere miserie fino ad allora impensabili. Perciò il progetto “Social in House”, in una società in continua frammentazione, deve purtroppo continuare a vivere. L’affidabilità dimostrata sul campo è l’ancora a cui legare il futuro di tante sfortunate famiglie.
Per affrontare situazioni così complesse si è reso necessario un lavoro collegiale, caratterizzato da un costante scambio di informazioni con cellulari, palmari e altri strumenti, utili soprattutto laddove il rischio comporta la necessità di soluzioni urgenti. Interventi che sono talvolta persino d’ordine pratico, come la sistemazione immediata di impianti elettrici, idraulici e sanitari, o di sgombero e pulizia da accumulo compulsivo di materiali accatastati da tempo che hanno reso invivibili le stanze entro le quali già si patiscono enormi sofferenze.
In un contesto così descritto è fondamentale la reciproca informazione con i referenti delle strutture che operano sul territorio, dai servizi sociali del Comune, ai servizi psichiatrici (Cps), dai servizi per le tossico dipendenze (Sert), alle Asl sino al Tribunale dei minori. Non è naturalmente mancato, se necessario, il ricovero nell’hospice Casa Vidas, prezioso per brevi periodi di sollievo anche alla famiglia e per meglio preparare l’assistenza domiciliare. Anche dopo la morte dei pazienti assistiti, le équipe del “Social in House” proseguono il servizio, soprattutto con la preziosa opera di psicologi e di assistenti sociali che orientano i familiari verso un riordino del loro percorso, il più equilibrato possibile e li aiutano nella rielaborazione del lutto.
“Inferni blindati” sono state definite le situazioni scoperte entro le mura appena descritte che si sono talvolta trasformate in oasi di serena normalità, di recupero di speranze e di affetti. Le gravi fragilità umane incontrate sono montagne scalate con la continuità dell’assistenza, la comunicazione, la collaborazione, la condivisione. Sapendo con la ragione che i miracoli non sono possibili, ma con il cuore che si deve fare tutto il possibile e oltre e qualcosa di buono accade, sempre.