Nella Milano che si apre al mondo per Expo anche le religioni desiderano offrire uno spazio di incontro sui temi universali della convivenza e della pace. Lo faranno a Dialog, la nuova Casa del Dialogo in via degli Olivetani, voluta dalla Comunità di Sant’Egidio e promossa dal Forum delle Religioni a Milano e da Palazzo Marino, che sarà inaugurata venerdì 29 maggio alle 17,00 alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia, dell’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, e dei rappresentanti delle maggiori confessioni religiose presenti in città.
«È importante rilanciare il dialogo soprattutto in questa fase storica, dove alle religioni si guarda da una prospettiva di una grande conflittualità – spiega Giorgio Del Zanna, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano e tra gli animatori della Comunità di Sant’Egidio a Milano -. Eppure, proprio in un contesto geopolitico mondiale dove sembrano prevalere i motivi di tensione, è molto forte la domanda di pacificazione e di dialogo».
Nei mesi di Expo la Casa di via degli Olivetani sarà dunque uno spazio di incontro e di confronto tra le religioni che si interrogano sui modelli di convivenza possibile nel mondo contemporaneo. In cinque ambienti, dedicati a buddismo, induismo, cristianesimo, ebraismo e islam, le diverse confessioni daranno vita fino a ottobre a dieci eventi per far conoscere le loro tradizioni e raccontare come, in varie aree del mondo, l’impegno delle religioni possa dare un importante contributo alla pacificazione. Per fermarsi solo all’Europa, Del Zanna ricorda le tensioni che percorrono il confine tra Ucraina e Russia, ma anche gli esempi di convivenza possibile tra le fedi testimoniate dall’Albania, o la convivenza fianco a fianco che caratterizza ormai anche le nostre città.
A Dialog le religioni si apriranno dunque alla cittadinanza, offrendo per prime uno spazio di confronto, una finestra sulla società plurale. Perché, ricorda Del Zanna, «il dialogo non è solo un compito per i capi religiosi, ma un cammino aperto a tutti». Uno spazio, dunque, che potrà coinvolgere anche i non credenti: «Il punto, infatti, non è un dialogo teologico, ma cosa gli uomini e le donne di fede – e, potremmo aggiungere, tutte le persone di buona volontà – possono portare per la pace e la convivenza».