Pubblichiamo la prefazione al nuovo volume di Stefania Felasca e Luca Geronico, «Le chiavi della pace. Il viaggio di Francesco nella terra di Abramo» (In dialogo, 160 pagine, 15 euro).
Non è la prima volta che mi è richiesta una riflessione sul viaggio apostolico del Santo Padre in Iraq (5-8 marzo 2021). Eppure, credetemi, sono sempre contento di portare il mio contributo perché davvero questa visita è stata un momento altamente significativo nel cammino del dialogo interreligioso.
Sono pertanto grato di questa iniziativa che raccoglie in un volume una miscellanea degli articoli e degli editoriali pubblicati a firma di Stefania Falasca e Luca Geronico entrambi inviati del quotidiano Avvenire.
Permettetemi di complimentarmi con i due autori perché hanno seguito passo passo lo svolgersi del viaggio apostolico, offrendo ai lettori la possibilità di conoscere l’Iraq e la sua gente, senza perdere di vista il messaggio che ha voluto portare il Santo Padre: «Siete tutti fratelli». Hanno così vissuto quanto scritto da papa Francesco: «Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere».
Infine mi piace l’idea che questa pubblicazione sia distribuita principalmente nelle parrocchie, così da assicurarne un’ampia diffusione che favorisca la riflessione della comunità cristiana sia sul messaggio di fraternità proposto da papa Francesco che sul dialogo interreligioso.
Tutto il viaggio in Iraq è stato significativo. Ogni momento è stato segnato da gesti e parole che lasciano il segno. La situazione difficile in cui versa quel Paese ha reso particolare l’iniziativa del Pontefice. Sappiamo tutti che è un Paese a tutt’oggi non pacificato e che deve ancora riprendersi da decenni segnati da guerre, violenze e distruzioni.
Non c’è alcun dubbio che io sia stato un privilegiato per avere partecipato di persona al viaggio apostolico in Iraq, un evento che in tanti hanno definito “storico”.
Da cristiano ho sofferto nel vedere con i miei occhi la devastazione di quel Paese. Tutto parla ancora della guerra e delle tante violenze subite non solo dai cristiani.
Senza retorica alcuna, si può affermare che la visita di Francesco in Iraq, assieme al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, siglato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi dal Papa e dall’imam al-Tayyeb, siano delle pietre miliari nel cammino del dialogo interreligioso e della fraternità umana.
La visita di cortesia al grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni al-Sistani, una delle personalità più simboliche e significative del mondo sciita, è stata davvero importante ed è andata nella direzione proprio della costruzione di questa fraternità fra cristiani e musulmani.
L’appuntamento di Ur, nella città da cui partì il patriarca Abramo, è stata un’occasione per pregare insieme ai credenti di altre tradizioni religiose, in particolare musulmani, per ritrovare le ragioni di una convivenza tra fratelli, così da ricostruire un tessuto sociale oltre le fazioni e le etnie, e per lanciare un messaggio al Medio Oriente e al mondo intero. Papa Francesco non ha parlato di una fratellanza teorica ma ha chiesto a tutti di impegnarsi «perché si realizzi il sogno di Dio: che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra».
La presenza del Santo Padre in terra irachena ha non solo incoraggiato la comunità cattolica ma anche mostrato la presenza reale dei cristiani e la possibilità di vivere fianco a fianco con credenti di altre religioni.
Mi auguro che tutti gli iracheni che si sono riuniti insieme, attorno a papa Francesco, testimonieranno la fraternità umana e l’importanza del dialogo interreligioso.