In occasione della Giornata per l’Università Cattolica (domenica 18 aprile) sarà disponibile nelle librerie l’edizione 2021 del Rapporto Giovani (La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2021, Il Mulino).
Il volume, pur con solido impianto scientifico, si rivolge a un ampio pubblico. I dati descritti e analizzati provengono dalla principale indagine italiana sulle nuove generazioni, iniziata nel 2012, che costituisce l’asse centrale di un sistema di rilevazioni quantitative e qualitative realizzate dall’Istituto Toniolo, attraverso l’Osservatorio Giovani. Un progetto che si avvale del sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, beneficiando inoltre delle competenze scientifiche dell’Università Cattolica.
Obiettivo dell’edizione del 2021 è contribuire a capire come cambiano condizioni oggettive e attese di fronte a un evento inatteso e di grande portata che proietta tutti in un mondo diverso. Con la consapevolezza che proprio le nuove generazioni hanno maggiormente da perdere, ma anche da guadagnare nel nuovo scenario post pandemia, tutto ancora da costruire.
Le conseguenze della crisi sanitaria, infatti, rischiano di essere particolarmente gravi nel nostro Paese. Come documentato nelle edizioni precedenti del Rapporto Giovani, l’Italia presentava già preoccupanti fragilità e diseguaglianze nei percorsi formativi, professionali e di vita delle nuove generazioni. Ma ricadute rilevanti si hanno anche sulla dimensione del disagio sociale, della salute mentale, dell’insicurezza nei confronti del futuro. Le nuove generazioni mostrano tuttavia una grande capacità di resilienza, che trova riscontro nell’atteggiamento personale e nella partecipazione sociale, ma anche in un possibile protagonismo favorito da Next Generation Eu.
L’emergenza da Covid-19 sta, in ogni caso, avendo un impatto sulla progettualità delle giovani generazioni, portando a una sospensione di scelte importanti legate alla transizione alla vita adulta. Lo evidenzia, in particolare, lo studio presentato in uno dei capitoli del volume, steso con Francesca Luppi e Andrea Bonanomi. Usando i dati di un approfondimento condotto a novembre 2020, vengono analizzate le scelte dei giovani tra i 30 e i 34 anni relative all’autonomia abitativa e alla decisione di avere un figlio. Comparando la progettualità prima e durante la pandemia, si evince una ricaduta negativa dovuta all’aumento dell’incertezza lavorativa e un peggioramento della situazione economica.
La sicurezza di un buon reddito, data anche da un lavoro stabile, è considerata un prerequisito indispensabile dalla maggior parte degli intervistati per formare una propria famiglia. Se, a causa dell’incertezza cresciuta con la crisi sanitaria, i giovani si trovano a ridurre le proprie aspettative di fecondità, lo scarto rispetto ad aspettative e desideri potrebbe generare un profondo senso di insoddisfazione. Per ridurre la dissonanza cognitiva, a fronte di una continua minaccia alla possibilità di concretizzare i propri piani familiari, i giovani potrebbero rivedere ideali e preferenze al ribasso, affermando (un po’ come fa la volpe con l’uva) di sentirsi realizzati anche senza figli o con un numero di figli inferiore a quello precedentemente considerato essenziale. Il rischio, nello scenario post pandemia, in assenza di politiche adeguate, potrebbe essere, quindi, quello di un adattamento strutturale al ribasso dei percorsi di vita delle nuove generazioni.
Va notato, comunque, che quella analizzata è la generazione che ha vissuto due gravi crisi economiche (quella del 2008 e quella del 2020, appunto) nel periodo in cui tipicamente si acquisisce un’autonomia economica e si mettono le basi della propria identità adulta.
Se l’Italia vuole davvero iniziare una nuova fase dopo la discontinuità della pandemia non può lasciare che i progetti di tale generazione e di quelle successive diventino rinunce definitive, ma al contrario trasformarli nella principale risorsa ed energia per dare nuova vitalità al Paese.