Amava la sua Milano e la ricerca appassionata del vero e del bello: per questo non stona affatto ricordare in tempo di Avvento la figura di Sergio Toppi, fumettista e illustratore, pienamente ambrosiano, ma di levatura e fama mondiale, scomparso per un tumore alla vigilia degli ottant’anni lo scorso 21 agosto.
Dopo gli esordi da giovanissimo come illustratore per la Utet e disegnatore per i cartoni animati dello Studio Pagot per Carosello (dal pulcino Calimero al draghetto Grisù), dal 1960 Toppi si dimostra a suo agio anche nel fumetto sul glorioso Corriere dei Piccoli (dove firma storie d’argomento storico e bellico, ma anche umoristico come gli episodi del Mago Zurlì, oltre a illustrazioni western e bibliche).
Il suo tratto a volte ruvido e a più strati, divenuto negli anni un marchio di fabbrica sempre più riconoscibile, colpisce e affascina seppur in modo diverso lettori di tutte le età, a volte perfino intimoriti dall’enorme potenza delle sue immagini, anche se mai al punto di distogliere lo sguardo da vicende sempre emozionanti.
Collaboratore di riviste sull’avventura come Corto Maltese e L’Eternauta (ma anche su tematiche magiche e oniriche come Linus e Alter Alter), dal 1976 adatta per il Giornalino numerosi classici della letteratura, oltre a fascinose biografie per immagini su Karol Wojtyla (2001) e Ambrogio di Milano (2011). Il direttore del settimanale e dell’Area Ragazzi dei Periodici San Paolo, padre Stefano Gorla, lo ha ricordato come «un signore schivo di antica cortesia, che con il suo tratto mai incerto sapeva definire ed evocare insieme: una rarità, un privilegio concesso a pochi». Lo sapeva bene ogni operatore del settore, tanto che il “Maestro dei maestri” (azzeccata definizione data nel 1991 dall’amico Sergio Bonelli, che per suscitare stima e interesse all’estero amava presentarsi come «l’editore di Toppi») era riconosciuto in ambito internazionale, fino a ispirare autori di grido come il cinematografico Frank Miller («Toppi fa apparire facile l’impossibile»), il dettagliato Walter Simonson e l’adrenalinico Howard Chaykin.
Sempre accanto all’adorata moglie Aldina, con il suo fare modesto che celava un’anima da genio rinascimentale, nel 2009 aveva raccontato al Corriere della sera che la sua ossessione estetica per le armi e gli abiti militari nasceva forse dalla sua infanzia da sfollato nelle valli dell’Ossola con i genitori: «Ci colpivano gli alleati, quegli americani di colore, che avevamo visto solo al cinema… Ci apparivano come marziani, ricchi e potenti». Ma poi si premurava di aggiungere, con la consueta ironia: «Sono così mite che non sono nemmeno antimilitarista».
Maestro riconosciuto del bianco e nero, premiato dai maggiori riconoscimenti del settore come lo Yellow Kid nel 1975, esposto in gallerie d’arte a Milano come a Parigi (con mostre su “Davide e Golia”, “Giuditta e le altre donne cattive”…), pubblicato anche su quotidiani come The Times e Le Figaro, in un mondo alla costante ricerca di riferimenti Toppi ci ha lasciato un’eredità immensa.
Nell’inverno 2010-2011 era stato celebrato da una collana di 12 volumi tematici che hanno ristampato le sue migliori avventure di “viaggiatore immobile”, un ideale viaggio intorno al mondo attraverso le sue storie a fumetti e le sue emozionanti illustrazioni in bianco e nero e colori, proposte in allegato ai settimanali Famiglia Cristiana e il Giornalino, con la collaborazione del Museo italiano del Fumetto e dell’immagine di Lucca, ma soprattutto con il supporto del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca insieme a quello per i Beni e le Attività Culturali.