Costruire relazioni di pace. Questa la dote più grande dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso da un attentato in Congo, secondo don Angelo Gornati che l’ha conosciuto fin da quando era ragazzo: «Proprio qualche giorno fa gli avevo mandato un messaggio, per dirgli di stare attento», racconta l’ex parroco di Limbiate.
Un ragazzo solare, costruttore di ponti. Una persona che si interessava agli altri, alla loro storia e sapeva ascoltare: «Sapeva cogliere i lati positivi di ogni situazione e di ogni pensiero». Doti che gli hanno permesso di fare enormi passi avanti nella sua carriera, da Console ad Ambasciatore. «Quando alcuni anni fa sono andato a trovarlo in Marocco, dal tabaccaio ai baristi, fino alle persone che incontravo per strada, mi dicevano: “Non portarcelo via!”. Sono stato anche in Congo, a casa sua: era il più giovane ambasciatore», aggiunge don Gornati.
Una vocazione iniziata quando era ancora in oratorio. Era stata di Attanasio l’idea di creare il gruppo Aurora, formato da giovani che andavano a trovare anziani soli. Così come quello per le persone con disabilità: ogni domenica, insieme ad altri ragazzi, le accompagnava a vedere la partita in oratorio o in gite culturali. Ma soprattutto aveva organizzato l’accoglienza per i ragazzi di Taizé, quando la Comunità francese aveva deciso di tenere a Milano il suo incontro europeo annuale. «La scelta di studiare Relazioni Internazionali si è inserita proprio in questo contesto – conclude don Gornati -. Ha studiato lingue proprio per la sua passione di ascoltare e interessarsi degli altri. Era un raggio di sole che riscalda con uno sguardo di stima e fiducia». Ascoltava molto più che parlare e dava fiducia alle persone che si rivolgevano a lui.
Una vita dedicata al prossimo, a farsi interprete dei bisogni degli altri, ad aiutare concretamente quelli che avevano bisogno di lui. In Congo il fidei donum don Maurizio Canclini ha collaborato con lui in un progetto a favore dei bambini di strada: «È stato vicino a tutti noi missionari con un’amicizia semplice e vera, condividendo momenti della nostra vita e sostenendo le nostre opere. Si può dire che aveva nel cuore la beatitudine dell’artigiano di pace».