01/12/2008
In occasione della giornata mondiale che si celebra il primo dicembre, la Caritas Ambrosiana invita le comunità cristiane della diocesi, riprendendo un documento di Caritas Italiana, a prestare attenzione ai malati di Aids.
Oggi il virus Hiv non uccide più. Almeno, non in pochi mesi. I progressi della medicina e i cocktail di farmaci consentono alle persone infette una lunga esistenza, se non la guarigione. L’Aids si «cronicizza» ed emergono le contraddizioni: sono poche le risorse per l’assistenza e non si fa più prevenzione.
Secondo l’Istituto superiore di Sanità, sono 59.106 i casi di Aids notificati in Italia dall’inizio dell’epidemia fino al 31 dicembre 2007. E proprio la Lombardia risulta essere la regione più colpita in assoluto. Dai dati emerge che aumenta il numero delle persone con Aids viventi, che sono oggi quasi 24 mila. Tale effetto è dovuto all’incremento della sopravvivenza dei malati a seguito dell’introduzione della terapia combinata con farmaci antiretrovirali. Cambiano, dunque, le caratteristiche delle persone con Aids: aumenta l’età, sia per gli uomini (43 anni) che per le donne (40 anni), diminuiscono i tossicodipendenti, aumentano gli stranieri (oltre il 20% dei casi segnalati nell’ultimo anno). Il contagio del virus comunque non si arresta: secondo le stime ogni giorno nel nostro paese contraggono l’Hiv 11 persone al giorno. Eppure lo spazio nell’agenda informativa diminuisce progressivamente.
Sin dall’origine della malattia, la Chiesa ha scelto di offrire la propria vicinanza e aiuto alle persone. Nel documento di Caritas Italiana, si spiegano le ragioni profonde di questo impegno. «Il Vangelo ci racconta di Gesù che si fa prossimo ai malati – si legge nel testo -, soprattutto a coloro che, proprio a causa della malattia, vengono messi ai margini della società. Èil caso, ad esempio, dei lebbrosi: “Gesù si fa vicino, parla con loro, tocca il loro corpo, restituisce loro una vicinanza umana e la comunione di Dio”». «Se la lebbra – continua il testo – non è più così diffusa come ai tempi di Gesù, tuttavia non mancano oggi malattie che, se non negli effetti sanitari, almeno in quelli sociali non differiscono dalla lebbra. Se dunque, per analogia, la condizione delle persone sieropositive può assomigliare spesso a quella dei lebbrosi, anche l’approccio ad essa deve essere simile a quello di Gesù».
Fedele a questo spirito, anche Caritas Ambrosiana ha promosso sul territorio l’apertura di centri di accoglienza, cooperative e servizi per le persone affette da questa malattia. Ma questi segni di accoglienza e vicinanza ai malati avranno un valore limitato se innanzitutto le comunità cristiane che li ospitano non li sentiranno come propri. Da qui l’invito a sostenerli, favorendo l’impegno dei volontari. Un compito importante è anche quello svolto dai centri di ascolto impegnati ad accogliere la fatica di vivere delle persone Hiv positive, aiutandole a stare o a reinserirsi nel tessuto sociale, a trovare accoglienza e occasioni di lavoro non discriminanti.