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“Lule”: accoglienza per chi vuole uscire dal racket

L'attività dell'associazione che opera a sud-ovest di Milano per aiutare le donne vittime della tratta

22 Settembre 2008

24/09/2008

di Luisa BOVE

Da 12 anni l’associazione “Lule” opera nell’area sud-ovest della provincia di Milano «per aiutare le donne vittime della tratta», spiega il coordinatore Stefano Montorfano. L’iniziativa, avviata dal decanato di Abbiategrasso, coinvolge oggi una trentina di volontari e 20 operatori professionali impegnati nel settore della prostituzione.

Le modalità di intervento sono diverse, spiega il responsabile: «Innanzitutto facciamo educazione di strada, incontrando direttamente le prostitute, sia per creare relazioni positive con loro, sia per fare prevenzione sanitaria». Per le donne che chiedono di uscire dal racket «offriamo accoglienza immediata in condizioni di emergenza; inoltre gestiamo comunità-alloggio, in particolare per minori vittime della tratta, e appartamenti per il reinserimento sociale di chi ha già trovato anche lavoro».

In questo caso le donne vengono accompagnate ancora in un percorso educativo fino a raggiungere la piena autonomia. «Negli anni Novanta seguivano soprattutto donne albanesi picchiate dai loro sfruttatori e nigeriane -, spiega Montorfano -, oggi la maggior parte di loro viene ancora dalla Nigeria, ma si sono aggiunte le ragazze dell’Est Europa».

Secondo i dati raccolti da Lule, negli ultimi sei mesi le prostitute sulle strade erano nigeriane (33,2%), rumene (28,6%), albanesi (19%), Est-europee (15,6%) e di altre nazionalità (3,7%). Questo vale per l’area provinciale da loro monitorata, che va da San Donato a Rho, comprendendo Abbiategrasso, Magenta, Corsico, Rozzano e San Giuliano Milanese.

Di fronte al disegno di legge in discussione in questi giorni, che colpisce le prostitute di strada e i clienti, Montorfano vede un «rischio», quello «di rendere ancora più sommerso, non tanto il fenomeno della prostituzione, quanto piuttosto lo sfruttamento che tocca pesantemente queste persone».

Alla “Lule” non hanno dubbi: «Noi riteniamo che l’esercizio della prostituzione e dello sfruttamento continueranno meno visibili, ma più pericolosi di prima. Il problema invece è dare attuazione alle normative che abbiamo in Italia e che prevedono di aiutare chi è vittima e ostacolare lo sfruttamento. Dal nostro punto di vista occorre quindi potenziare non solo il lavoro sociale, ma anche quello repressivo, da realizzare in accordo. L’operatore sociale infatti ha lo scopo di “agganciare” la vittima e di denunciare per favorire un’azione repressiva razionale e intelligente, evitando quindi la solita retata che fa solo spostare le persone».

Per quanto riguarda i clienti, «c’è sempre grande varietà, sia per età sia per fasce sociali», dice ancora il responsabile. Si va dall’operaio all’impiegato, dal giovane all’anziano, dal commerciante al professionista, «anche perché questo “mercato” offre di tutto, per ogni ceto e condizione».

Una cosa però è certa, sulla strada ci stanno soprattutto le giovani: le donne che “Lule” contatta hanno un’età media di 22-24 anni, raramente superano i 30. Le unità mobili di strada dell’associazione escono con turni di giorno (dalle 12.30 alle 18) e di notte (dalle 21.30 alle 2.30) per incontrare le donne.

Negli ultimi sei mesi le “uscite” sono state 257 e le ragazze contattate 622, per un totale di 2066 incontri. Da gennaio a giugno 2008 sono state attivate 37 accoglienze di pronto intervento, 28 percorsi di integrazione sociale e 67 colloqui di orientamento. Nelle case di prima accoglienza 28 le ospiti e 3 minori nella comunità alloggio “Diana”.