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Società

Povertà: senza diritti e futuro

I dati dell’XI Rapporto Caritas/Zancan: in Italia 8,3 milioni di poveri

a cura di Patrizia CAIFFA

17 Ottobre 2011

Sono 8 milioni e 272 mila le persone che vivono in povertà in Italia, pari al 13,8% della popolazione (nel 2010), per un totale di 2,73 milioni di famiglie povere. La povertà è in aumento: erano invece 7 milioni 810 mila nel 2009, il 13,1%. Le donne e i giovani pagano il prezzo più alto. Sono anche aumentate del 19,8% le persone che si rivolgono ai Centri di ascolto Caritas, con un incremento degli italiani del 42,5%. Il 70% delle persone che si rivolgono ai Centri di ascolto sono stranieri. I “nuovi poveri” sono aumentati del 13,8% in quattro anni e del 74% nel Mezzogiorno. Il 20% ha meno di 35 anni. In soli cinque anni, dal 2005 al 2010, il numero di giovani è aumentato del 59,6%. Tra questi il 76,1% non studia e non lavora, percentuale che nel 2005 era del 70%. Sono alcuni dati dell’XI Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, intitolato Poveri di diritti, presentato oggi a Roma da Caritas Italiana e Fondazione Zancan, in occasione della Giornata mondiale contro la povertà.

Diritti negati

Il Rapporto sottolinea la negazione del «diritto alla casa, al lavoro, alla famiglia, all’alimentazione, alla salute, all’educazione, alla giustizia». La crisi – viene rilevato nel volume – ha prodotto «un notevole incremento dei fenomeni di sottoccupazione e lavoro nero» e, nel corso degli ultimi 4-5 anni, «sono fortemente aumentate le situazioni di povertà materiale» incontrate dalla Caritas: nel 2004, il 75% dei bisogni erano di carattere primario e strutturale (bisogni abitativi, alimentari, economici, sanitari ecc.). Nel 2010, questo valore raggiunge la quota dell’81,9%. Caritas e Zancan puntano il dito anche su una nuova «emergenza abitativa», aggravata dalle «scarse risposte delle amministrazioni centrali e locali»: i problemi abitativi sono aumentati del 23,6%. Secondo Caritas e Fondazione Zancan le risorse per far fronte al fenomeno ci sono, ma sono male investite: negli ultimi due anni, rileva il volume, la spesa assistenziale dei Comuni è aumentata del 4%, la spesa per la povertà dell’1,5% e quella per il disagio economico del 18%. Il perdurare della condizione di povertà di molte persone, dimostra però, secondo i curatori del volume, «che le politiche fin qui attuate non sono riuscite a incidere sul fenomeno». Serve perciò un «cambiamento di rotta». Le strade indicate sono: «Incrementare il rendimento della spesa sociale», anche attraverso «la professionalizzazione dell’aiuto»; «recuperare i crediti di solidarietà; investire in servizi gli attuali 17/18 miliardi di euro oggi destinati a indennità di accompagnamento e assegni al nucleo familiare».

Preoccupati per la riduzione delle opportunità

«Cogliere i segnali di preoccupazione che giungono in questa fase della vita sociale ed economica e incoraggiare a farsene carico responsabilmente», vista «la riduzione dell’offerta di possibilità per un numero crescente di persone»: è il monito di monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, che ha preso parte alla presentazione del Rapporto Caritas/Zancan. L’aumento della povertà – ha detto – rivela «la tenuta complessiva di una società come la nostra, attraversata da profonda crisi economica, ma anche da anomia e crisi di senso e di valori». Il segretario della Cei ha riassunto alcuni dati contenuti nel Rapporto, che dimostrano un generalizzato aumento della povertà e di «nuovi poveri» nel Paese e il «progressivo coinvolgimento in situazioni di temporanea difficoltà economica di persone e famiglie tradizionalmente estranee al fenomeno». Monsignor Crociata ha sottolineato, in particolare, «la condizione dei giovani, la cui povertà fondamentale si configura come mancanza o perdita di futuro, perché vede sommersi e resi inaccessibili i territori del sapere e intaccata ogni opportunità di lavoro». Il segretario della Cei ha fatto riferimento anche «alle persone e alle famiglie immigrate, nelle quali ancora una volta sono le donne, i bambini e gli adolescenti a subire gli effetti peggiori del crescente impoverimento generale e le conseguenze di una cittadinanza incompiuta che espone maggiormente alla povertà». A suo parere l’aumento della «povertà familiare» (del 44,8%) è «spesso aggravato dall’incapacità di rinunciare a determinati livelli di consumo».

Giovani poveri e disillusi

Solo un terzo dei giovani riesce a migliorare la propria condizione sociale rispetto a quella dei genitori; oltre la metà rimane ancorata al ceto sociale da cui proviene; e una parte è costretta addirittura a scendere ad un gradino di benessere inferiore a quello dei propri genitori. «È un fenomeno che mai si era verificato prima d’ora nel nostro Paese, e che rischia di intaccare il capitale di fiducia necessario per garantire nel tempo sviluppo e promozione sociale». È l’allarme lanciato da monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, il quale si è detto molto preoccupato per le nuove povertà giovanili, evidenti nelle quote sempre più alte di Neet (Not in education, employement or training), ossia più di 2 milioni di giovani che non studiano, non hanno un impiego e non cercano lavoro. In più il 40% dei giovani stranieri abbandona la scuola, mentre è in atto, in particolare nel Meridione il cosiddetto brain drain, la fuga di cervelli verso l’estero. La Caritas chiede perciò alle istituzioni pubbliche «ampie riforme strutturali» di «contrasto della povertà economica, di sostegno alla situazione-condizione familiare e di opportunità di inserimento lavorativo». Anche se, ha osservato monsignor Nozza, all’interno della vita e dei cammini ecclesiali «una delle principali difficoltà risiede nel forte sentimento di disillusione che caratterizza l’atteggiamento esistenziale di molti giovani».