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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Emergenza Siria

Profughi, Milano vicina a quota 10 mila

Tanti gli arrivi dallo scorso ottobre. E a ogni nuova ondata in Stazione Centrale ricomincia il calcolo per abbinare ai posti letto uomini o famiglie. Ma fino a quando il sistema reggerà?

di Claudio URBANO

19 Giugno 2014

L’emergenza dei profughi siriani investe Milano ormai dallo scorso autunno, ma senza decisioni politiche adeguate sembra destinata a rimanere tale. Dallo scorso ottobre, quando i primi ingenti flussi hanno portato il Comune a stipulare una convenzione con la Prefettura per coprire i costi dell’accoglienza temporanea, i profughi arrivati in città sono ormai quasi 10 mila, con arrivi che proseguono anche in questi giorni. All’inizio l’organizzazione era per 240 posti, ma ormai da diverso tempo la media è di 800-1000 persone ospitate ogni giorno nei 9 centri aperti finora in città e utilizzati a rotazione dal Comune per consentire qualche giorno di riposo a chi vede nel capoluogo lombardo solo una tappa per proseguire poi il viaggio verso il Nord Europa. Ad arrivare, ormai, sono moltissime famiglie con bambini; dunque la rete di accoglienza è importante soprattutto per loro, con quasi 3000 minori in totale, che possono avere qualche giorno di tranquillità prima di ripartire. A ogni nuovo arrivo in Stazione Centrale ricominciano i calcoli per abbinare ai posti letto gli uomini o le famiglie, alle quali si cerca sempre di assegnare una camera riservata.

Un sistema che finora ha retto, grazie all’intervento anche volontario degli operatori di Palazzo Marino e di molte realtà del terzo settore – Caritas, fondazione Fratelli di San Francesco, Progetto Arca, Medici volontari, ma anche i Giovani Musulmani, per citare quelle più presenti – oltre a molti semplici cittadini.

Ma l’organizzazione, anche se rodata, per ora non può che limitarsi ad accompagnare i profughi nel loro viaggio per l’Europa, basandosi su una cornice istituzionale del tutto provvisoria e, appunto, sull’impegno dei volontari. Milano è infatti solo una tappa di passaggio, seppur obbligata perché capolinea di tutti i treni che arrivano da Reggio Calabria, Taranto o Catania. Almeno qualche centinaio di profughi infatti ha proseguito il viaggio autonomamente o si è organizzato per una breve permanenza in città senza affidarsi alla rete d’accoglienza, col rischio anche di subire qualche truffa. Del resto i numeri dimostrano che quasi nessuno vuole fermarsi in Italia. Su 10 mila persone solo una cinquantina ha fatto richiesta di asilo politico; di questi solo 8 sono i siriani, mentre gli altri sono i profughi eritrei arrivati senza preavviso alla stazione di Rogoredo nei giorni scorsi, con un pullman organizzato dalla Prefettura di Taranto.

Gli accordi di Dublino prevedono infatti che i richiedenti asilo debbano essere ospitati nel primo Paese in cui manifestano la richiesta di protezione. Nessuno dei siriani vuole però fermarsi in Italia, così il loro passaggio nel nostro Paese è rimasto finora sospeso in un limbo istituzionale e giuridico, visto che né i migranti, né lo Stato hanno interesse a formalizzare qui la richiesta di protezione. Così, quando i siriani lasciano la Stazione Centrale, l’unico documento “valido” è il foglietto che dà loro diritto a un posto letto nelle strutture d’accoglienza, prima di comprare un nuovo biglietto dei treni diretti verso il nord Europa, Germania e Svezia soprattutto.

Per ora il circuito dell’accoglienza si apre e si chiude a Milano, quindi. Mentre la convenzione con la Prefettura va verso la scadenza del 30 giugno, con una previsione di spesa complessiva di 2,5 milioni di euro, da Palazzo Marino continua ad arrivare la richiesta di un maggiore coordinamento a livello nazionale, per esempio sollecitando l’ospitalità temporanea anche in altri Comuni. Il Ministero dell’Interno potrebbe rilasciare ai profughi un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi che consentirebbe la libera circolazione sia in Italia, sia in tutti i Paesi dell’area Schengen. Una misura già adottata con l’emergenza Nord Africa del 2011, che vide però il respingimento di massa dei tunisini alla frontiera di Ventimiglia.

Porre la questione a livello del Consiglio europeo consentirebbe una soluzione più strutturale, concedendo la protezione temporanea in tutti i Paesi dell’Unione, in deroga quindi al Regolamento di Dublino, secondo quanto già previsto dalla direttiva europea 55 del 2001. Misura, questa, di cui uno Stato può richiedere l’applicazione in caso di «afflusso massiccio di sfollati». Una strada che sembra però di fatto non percorribile. Sia perché gli altri Stati potrebbero mettere sul tavolo i loro numeri (126 mila richieste d’asilo in Germania nel 2013 contro le 25 mila in Italia) sia, soprattutto, perché ciò richiederebbe di fatto un completo ripensamento del diritto d’asilo. Così, in attesa di un quadro giuridico e politico più definito, ad accogliere i profughi in arrivo a Milano resta solo la “rete” dell’emergenza.