I Dialoghi di vita buona e il bene comune nascono dall’interazione fra entità che hanno un forte capitale sociale, una ricchezza interna di valori, di reputazione e di identità.
Le imprese sono per loro natura obbligate ad avere un’identità. Operando in tutto il mondo, infatti, dove ci sono condizioni differenti come problemi ambientali, governi e culture diverse, sono costrette a cercare di differenziarsi.
Il mondo delle imprese è quindi l’opposto del mondo dell’uniformità: è fatto da differenze. All’interno delle aziende il bene comune è già di per sé quello degli impianti e dei macchinari e, andando oltre, il bene comune è fatto da valori e da una cultura condivisi. Non a caso i termini che usa il mondo dell’impresa sono spesso mutuati persino dal mondo religioso: visione, missione, differenziazione e partecipazione.
È interessante l’interazione delle imprese con le comunità delle grandi città metropolitane. In un mondo che è sempre più volatile e in cui i mercati diventano sempre più precari, così come il lavoro, le grandi città diventano luogo privilegiato dove le persone possono trovare innovazione, lavoro, scambio. E questo determina la competizione, a livello globale, fra le grandi città metropolitane.
Questa è la grande dialettica tra due mondi che condividono valori: insieme si tratta di scoprire il loro futuro. L’impresa trasforma il valore economico in valore morale e le grandi città, a loro volta, dovranno trasformare il capitale sociale e il valore morale anche in valore economico, cioè valore di sviluppo.