«La situazione è drammatica. Sentiamo spari e scontri a fuoco a circa trecento metri dalla nostra abitazione che pure, non molto tempo fa, è stata colpita due volte, subendo anche irruzione da parte dei miliziani ribelli. Difficile se non impossibile muoversi. E’ una cosa terribile. Nella città scarseggiano acqua, cibo, elettricità, combustibile per riscaldamento, moltissime famiglie sono in grave difficoltà e cerchiamo di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze». Da Aleppo, “città martire siriana”, in preda ai combattimenti tra esercito regolare e milizie ribelli si leva la testimonianza della Chiesa locale. Denunciato anche l’arruolamento, nelle milizie mercenarie, di bambini-soldato.
Locomotiva ferma
Un tempo locomotiva industriale che trainava l’economia siriana, oggi la città, la seconda del Paese ma la più densamente popolata, a causa degli scontri si è fermata. Le fabbriche sono ferme, riferisce una fonte che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza: «Almeno 1300 sono cadute nelle mani dei ribelli e sono state smantellate; i pezzi delle macchine manifatturiere rivenduti fuori dei confini, in Turchia». Nei locali vuoti hanno trovato riparo famiglie e persone che si sono viste distruggere le case dai violenti scontri. La disoccupazione è ormai altissima e a pesare sulla ripresa sono la mancanza di rifornimenti e di energia elettrica.
Popolazione allo stremo
«Nella parte antica della città dove abbiamo la residenza – riferisce la fonte -, si combatte continuamente. La zona orientale della città è in mano ai ribelli mentre quella occidentale, dove vivono adesso la maggior parte dei cristiani, è controllata dall’esercito. I nostri sacerdoti, eccetto uno ferito e ricoverato in Libano, sono qui e cercano di dare assistenza ai nostri fedeli. Stiamo facendo molti sforzi in questa direzione e abbiamo l’aiuto di alcuni laici». Compatibilmente con le condizioni di sicurezza, continua la fonte della chiesa di Aleppo, “abbiamo organizzato dei piccoli centri di distribuzione di viveri; a coloro che hanno perso il lavoro, sono molti, cerchiamo di dare anche un po’ di denaro, a cadenza mensile, per tirare avanti. Assistiamo diverse centinaia di persone, circa 250 famiglie”. «Purtroppo, questa campagna di aiuto sta per terminare e se non si trovano presto nuovi benefattori e organismi, come Caritas e Croce Rossa, che ci possano sostenere, saremo costretti a fermarci».
Bambini soldato
Alle preoccupazioni del presente si sommano «forse quelle ben più gravi che riguardano il futuro. La Siria è vittima di una guerra combattuta da mercenari venuti dall’estero, pagati da Qatar e Arabia Saudita, che distruggono ogni cosa (case, scuole, fabbriche), che minacciano, si macchiano di violenze contro la popolazione civile inerme. Basti vedere la strage, 200 morti, all’università di Aleppo di pochissimi giorni fa. Nessun combattente siriano, sia esso fedele o oppositore al regime, potrebbe compiere atti del genere. In Siria musulmani e cristiani si sono sempre rispettati, c’è sempre stata convivenza e tolleranza. Chi commette questi crimini non è siriano. È noto che tra i ribelli stranieri che combattono vi sono anche salafiti, fratelli musulmani, fondamentalisti e radicali che hanno l’obiettivo di costituire un regime islamico. Per questo hanno organizzato centri di arruolamento e pagano molto bene». «La cosa più grave – denuncia la fonte – è che addestrano anche ragazzi di 13-14 anni, danno loro soldi e armamenti. In alcuni casi sono stati venduti dalle loro famiglie rimaste nei paesi di origine, come Pakistan, Afghanistan, Somalia, abbagliate da false promesse per i loro figli. Dietro compenso di qualche migliaio di dollari li lasciano partire. Sono certo che esistono liste di attesa per entrare in Siria a combattere contro Assad. Fanno credere che il regime sia sul punto di cadere e che la guerra volge al termine, ma non è così». «Adesso nella popolazione si sta facendo strada la convinzione che l’opposizione politica siriana è ormai ostaggio di quella armata controllata da mercenari e fondamentalisti stranieri che – ricordiamolo – non hanno esitato a usare i civili, nelle zone da loro controllate, come scudi umani. Se ci fossero le elezioni l’opposizione non prenderebbe molti voti».
Per una soluzione politica
«Il popolo siriano – ribadisce – vuole la pace, da raggiungersi con il dialogo e il negoziato. La nostra posizione che abbiamo sempre sostenuto è quella di una soluzione politica, garanzia per un futuro di democrazia, di pluralismo, di convivenza con i musulmani. Temiamo per un rovesciamento dell’intero sistema. Se questo regime, con tutti i suoi limiti e difetti, dovesse cadere, al suo posto arriverebbero dei principi musulmani, come nell’impero ottomano. Questa prospettiva ci fa paura. Non parliamo, quindi, di libertà e di democrazia. Basta con le armi! Non vogliamo diventare un principato islamico». «Da parte mia – conclude la fonte – so di essere in pericolo, e forse per alcuni sono una persona non grata, ma è necessario restare con gli altri fedeli qui in città. Non sono favorevole né al regime né all’opposizione, sono a favore di tutto ciò che è democratico, pluralista, rispettoso del diritto. Non voglio un regime poliziesco e non voglio essere governato da chi vuol distruggere tutto. Con i fondamentalisti islamici come potremo testimoniare la pace di Cristo?».